
Caterina è cresciuta nella paura di diventare come sua madre Rosa Pagan, l’uragano. Appena sposata con Marco, le visite della mamma nella loro casa sono una prova emotiva pesantissima. È come se il loro appartamento non fosse loro. Non è mai sufficientemente ordinato e pulito, Rosa apre gli armadi, getta gli abiti per terra guardandoli disgustata, scuote la testa e ripete “Povera me, povera me... quando diventerai una donna?”. Caterina ha ventitré anni e mal sopporta quelle sfuriate, quelle critiche la fanno a pezzi. Quando il padre va in pensione, i genitori si trasferiscono a Nanaimo, British Columbia, che ha un clima più mite e si trova a oltre mille e trecento chilometri dalla casa della figlia e del genero. Tuttavia la distanza non protegge Caterina, i genitori hanno tempo e voglia di affrontare anche due giorni di viaggio. Le nascite di Tatiana e Antonia aprono una parentesi più serena, ma una volta che le nipoti diventano grandi e sono più indipendenti, Rosa riprende con i suoi tormenti, con le ispezioni e le critiche fioccano a non finire. Continua anche quando è ormai ultrasettantenne, sebbene con meno rabbia furiosa, rivolgendo i suoi spietati giudizi anche alle nipoti. Poi improvvisamente Caterina si rende conto che il comportamento della madre cambia: è spenta, immobile. Il papà le dice che si trasferiscono di nuovo, a sei isolati da casa loro, perché, le fa capire, ora c’è bisogno del loro aiuto...
Riscoprendo mia madre. Una figlia alla ricerca del passato è l’ultima opera dell’anglo-italiana Caterina Edwards, in cui si intrecciano parti autobiografiche, memorie familiari, fatti storici più o meno conosciuti. Il lento e progressivo decadimento causato dall’Alzheimer di Rosa, donna rigida e anaffettiva, fa emergere il suo lato fragile e qualche indizio sulle radici istriane, involontariamente dimenticate o caparbiamente rimosse. Da quelle labili tracce parte una faticosa, lunga esplorazione e vengono a galla eventi relativi all’Istria, rimossi non solo da Rosa, ma anche dalla Storia ufficiale. Le Foibe, le depressioni carsiche nel fondo delle quali sono stati gettati centinaia di migliaia di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, un eccidio tenuto nascosto dalla politica, ma anche dagli stessi “rimasti” in Istria, dai fuggiaschi privati della propria identità, dagli espatriati a forza, rinchiusi in campi di “concentramento” in un tempo sospeso di sofferenze e di fame: perché? Scritto in maniera fluida e rigorosa, con alcune integrazioni di fantasia basate su testimonianze e dati storici, è un prezioso contributo di riconoscimento della grande ingiustizia storica nei confronti di quel popolo perseguitato, ma anche la condivisione, intima e brutalmente sincera, del rapporto madre/figlia. Nel buio della perdita di sé, sia dell’amore rancoroso di Caterina che dell’incoscienza di Rosa, emergono il perdono, il riconoscimento e l’apprezzamento reciproci. Tuttavia non c’è uno sdolcinato happy end, restano lo stupore del conoscenza e la nostalgia delle occasioni perdute, delle verità nascoste, delle identità bruciate che hanno segnato la vita di tanti.