
25 luglio 1943: cade il fascismo. Mentre la gente si riversa in strada, presa dall’entusiasmo per la fine del regime, la monarchia e il governo Badoglio non sanno cosa fare. Questa incertezza li porta alla scelta peggiore, quella del doppiogiochismo: rassicurare i tedeschi della fedeltà italiana e al tempo stesso cercare un’onorevole resa con gli Alleati. Frutto di tale politica basculante è il disastro dell’8 settembre, che consegna l’Italia alla Germania. L’armistizio provoca la confusione più totale. Non ci sono ordini, l’esercito è allo sbando e Vittorio Emanuele III, dimenticando le responsabilità di re e capo dello Stato, abbandona Roma al proprio destino per rifugiarsi al sicuro a Brindisi. Ma nel momento in cui la Capitale è lasciata sola, numerosi uomini e donne sentono il dovere di difenderla dall’esercito hitleriano. Soldati, ufficiali, antifascisti della prima ora, da Amendola a Pertini, scendono in piazza a combattere quartiere per quartiere. È una battaglia dura e impossibile da vincere contro le ben equipaggiate truppe del Reich. Ma i romani non si arrendono, continuano a contrapporsi agli occupanti nazisti, con attentati e sabotaggi che porteranno a terribili ritorsioni tedesche, arresti, torture nel famigerato comando di via Tasso, fucilazioni. Operai, intellettuali, ex militari, monarchici, cattolici vengono a formare un’armata clandestina con un unico obiettivo, ridare la libertà a Roma e a tutto il Paese...
Con lo scontro di Porta San Paolo Roma assurge a simbolo etico dell’opposizione al nazifascismo, dando una spinta fondamentale alla nascita della Resistenza. Sergio Gentili e Aldo Pirone ricostruiscono in uno stile serrato i due anni, 1943-44, della dura lotta di tutta una popolazione contro tedeschi e repubblichini, suddividendola in tre fasi cronologiche: la battaglia in difesa di Roma, l’occupazione nazista della città, la liberazione. Il loro racconto tende a evidenziare come quella dei romani sia stata, come aveva sottolineato Roberto Rossellini in Roma città aperta, una “guerra di popolo”, dove fornai, tranvieri, ingegneri, scrittori, preti, donne, muratori si sono trovati a condividere gli stessi ideali democratici. Si tratta di un sentimento puro e spontaneo che fa da contraltare sia all’attesismo di borghesia, Chiesa e monarchia, sia al disprezzo delle SS per la persona umana. Roma ’43-44 evidenzia lo spirito combattivo e volitivo di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di ribellarsi alla dittatura e di sacrificarsi, anche a costo della vita stessa, per il rinnovamento morale del proprio Paese, al punto da far dire all’ufficiale delle SS Eugen Dollmann, lui che aveva definito i romani “pigri e indolenti”, che “Roma è la capitale che ci ha dato più filo da torcere”. Ricordare oggi, in cui il facile revisionismo è sempre in agguato, la resistenza romana è essenziale per comprendere che non possono stare sullo stesso piano i Kappler, i Kesselring, i Priebke e i fucilati delle Fosse Ardeatine.