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Roman! Breve elogio del romanzo in terra di Francia

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La letteratura francese è sempre stata tra le più influenti, soprattutto per quanto riguarda il romanzo moderno. In tal senso, secondo Blaise Cendrars, Balzac non è soltanto un precursore, bensì “il creatore del mondo moderno”, uno che con la sua monumentale Commedia umana, ciclo di centotrentasette opere tra cui novantacinque tra romanzi e racconti, è riuscito descrivere la società francese di inizio Ottocento attraverso tutti i suoi strati sociali. Un coevo agli antipodi è Stendhal, che ha contribuito all’evoluzione del romanzo storico d’avventura con un trasporto sentimentale e una prosa accogliente. Devoto al realismo e all’impersonalità (“il segno della forza”) è invece Flaubert, che si distingue per l’attenzione maniacale alla perfezione stilistica. Un approccio diverso al romanzo storico arriva da Victor Hugo, che concilia giallo e mistero con suggestive descrizioni dei quartieri parigini e della pittoresca quotidianità che li anima. Ispirato al modello balzacchiano è Emile Zola, con una presa più sociologica. Questi cinque autori possono essere considerati i pilastri fondanti del roman francese, con i quali qualunque romanziere dovrà fare i conti, sia pure per rinnegarli tutti. Così, se da un lato un Jean Giono riprende la lezione di Stendhal, dall’altro Proust si contrappone a qualsiasi archetipo trasformando la descrizione in racconto e diventando a sua volta riferimento di Modiano, dalla scrittura più spoglia, o di Pierre Jourde, più attento all’intreccio. C’è poi un filone che potrebbe definirsi incentrato sulla coscienza e annoverare, per motivi e rese distanti, autori come Sartre, Camus, Bernanos, Mauriac o Green. Un discorso a parte merita Annie Ernaux, vincitrice del premio Nobel 2022, che racconta “il mondo degli umiliati e degli offesi” attraverso uno sguardo intimo confondibile per un elemento di autofiction, modalità da lei però rinnegata. Più vicini a quest’ultimo espediente sono altri due grandi viventi, Houellebecq, che sfrutta il proprio personaggio pubblico per rappresentare l’indifferenza morale, e Carrère, che si pone quale garante finzionale della documentazione di drammi reali…

Il francesista Andrea Vannicelli, già autore de Il tramonto dei lumi. Storia della letteratura francese da Chateaubriand a Houellebecq (GOG, 2017), nonché di numerosi saggi accademici, è docente di lingua e letteratura francese. Con Roman! compie un’operazione originale e in parte riuscita, quella di fornire le coordinate di partenza per chiunque debba affacciarsi da zero alla letteratura francese moderna. A tal fine, Vannicelli riassume ogni autore in base alla sua visione e a uno scorcio sull’opera più rappresentativa, sempre attento a creare una mappatura di rimandi e influenze dirette e non. Roman! è talmente stringato da non potersi concedere il respiro di una vera e propria critica letteraria, della quale l’autore è di certo capace: gli affreschi che compongono il volume sono mirati e gustosi, per quanto non collochino storicamente le opere né i loro autori. Inutile focalizzarsi sugli assenti o su chi riceve meno spazio rispetto ad altri, perché in settanta pagine è davvero impossibile, e nemmeno auspicabile, porsi propositi enciclopedici. La metafora del romanzo come nave, che dovrebbe fare da collante, risulta un po’ svogliata e non si ripresenta abbastanza spesso da concorrere a un immaginario inedito. Ma d’altronde, ripercorrendo la storia del romanzo all’interno di una sola nazione, l’autore decide di non fornire chiavi di lettura, che siano temi specifici o un assetto comparativo, per cui l’obiettivo di organizzare e mettere a disposizione gli ingredienti imprescindibili risulta del tutto conseguito. Perfetto per chi ha poca confidenza con i francesi, Roman! è un atto d’amore breve quanto denso, consigliato anche ai lettori più rodati che vogliano ricominciare da capo a vivere e comprendere una delle letterature più complete e appassionanti a disposizione.