
Roma, 1977. Dandi, il Libanese e il Freddo sono piccoli delinquentelli che sognano di fare un salto di qualità. Il Libanese li convince a mettere su una banda per sequestrare il barone Rosellini, presso il quale i suoi genitori hanno lavorato a servizio per una vita. Il sequestro riesce, e frutta un riscatto di 2 miliardi e mezzo. Rosellini viene ucciso, e i soldi divisi tra i membri della banda. Finirebbe tutto con un arrivederci e grazie, ma il Libanese alza la posta in gioco e propone di reinvestire gran parte del denaro in droga da mettere sul mercato. Una mossa del genere non potrà non scatenare la reazione violenta di chi controlla il traffico di droga nella città, ma i ragazzi decidono di correre il rischio. Nasce così un’organizzazione criminale che per 15 anni detta legge a Roma, stringendo rapporti con settori deviati dello Stato, funzionari di Polizia, imprenditori, Mafia...
Tra fiction e richiami alla storia vera della famigerata Banda della Magliana, De Cataldo narra una vera e propria epopea, quella di un gruppo di sottoproletari e del loro assalto al Cielo, della loro stagione breve e violenta. I frequenti richiami ai retroscena dei più oscuri misteri della storia dell’Italia moderna – qui rischiarati da una luce di inquietante verosimiglianza – hanno il sapore dell’orazione civile. Il ricorso ad un linguaggio dialettale crudo ma mai macchiettistico dona al romanzo una forza espressionista, un’energia palpabile e contagiosa, tanto che è assolutamente impossibile non parteggiare per i protagonisti del libro, nonostante il sangue, i morti, la crudeltà. Dal libro è stato tratto l’omonimo film di Michele Placido, che ha riscosso un enorme successo che si è riverberato sulle vendite del romanzo, che è profondamente diverso dalla sua riduzione sul grande schermo in una serie di decisivi particolari. Inevitabile, forse.