
Maggio 1902, Saint-Pierre, Martinica. In una minuscola soffitta della Rue Monte au Ciel vive Léona, pelle di marmo nero, discendente di negri cimarroni. Tutto è così opprimente e insopportabile per la piccola da: le condizioni disumane da schiava, le percosse della padrona, e ora il caldo infernale, il Monte Pelée che sbuffa vapori neri, la terra che trema… La mulatta Emma ha sposato Don Emile B., notaio di Fort-de-France. È padrona nella sua casa, ma non è libera: moglie sottomessa, si trascina tra solitudine, noia, rimbrotti per le sue maniere incivili e corredi per l’erede (maschio) che dovrà dare al consorte. Non ha il permesso di avvicinarsi alla distilleria di rum e vedere i “parlanti” che spia ogni giorno, ma la voglia di trasgredire e scoprire ciò che le viene negato è forte… Per “Yich Lumina”, che l’anno 2002 sia consacrato anno di Victor Hugo è un’ingiustizia bella e buona! Anche Alexandre Dumas è nato nel 1902. Perché per lui nessun riconoscimento? Per obliare il nome di Cessette Dumas, il “sangue impuro” di schiava alle radici del celebre cognome?… Mathildana e Térence si incontrano in aeroporto. Il volo ritarda, loro non si lamentano: ogni minuto di ritardo è un’opportunità per passare ancora un po’ di tempo insieme. Stanno tornando in Martinica, ma per Mathildana è un rientro doloroso: sua sorella minore Rehvana è stata trovata morta, se l’è portata via la denutrizione…
La prima parola che viene in mente leggendo Suzanne Dracius è ricchezza. Ricco di tematiche è il percorso di resilienza che, a partire dalle scalinate della Rue Monte au Ciel, la poetessa, narratrice e drammaturga martinicana classe ’51 declina in ogni sfumatura nel suo “romanzo frammentato in nove racconti”, impegnati e impegnativi. L’autrice raccoglie in modo peculiare l’eredità della vibrante cultura caraibica e la sua storia: coraggiose figlie di “sangue ribelle” alla ricerca dell’emancipazione, di libertà non solo formali, fronteggiano un passato di ingiustizie e un presente che propone in termini diversi sfide simili, se non più ardue, con le contraddizioni che sempre accompagnano la scoperta, riappropriazione o scelta di un’identità. Ricchi e vivacissimi i riferimenti letterari, storici e artistici, mai mero sfoggio di una straordinaria preparazione, che invogliano ad approfondire piccole curiosità e grandi classici. Ricco, denso e musicale il vocabolario, abilmente reso da Lea Oliveri (già traduttrice de L’altra che danza) e venato di acuta e dissacrante ironia, che abbraccia ogni forma di variazione possibile, dal lessico grezzo, crudo, sensuale alle più fini divagazioni concettuali. Perla finale del volume, i nove singolari “consigli di scrittura” legati ai racconti stessi, più o meno esplicitamente metaletterari, che ammiccano a luoghi e momenti della creazione artistica. Una lettura non semplice, ma ricca di stimoli, da affrontare con la consapevolezza di star scavando in un’opera mélange, in tutti i sensi possibili, nell’anima palpitante di un atto creativo.