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Sale e sangria

Sale e sangria

2005, Italia, Novara di Sicilia. Michele attende di scoprire se la sua domanda per l’Erasmus verrà accettata. Le opzioni sono Manchester e Barcellona, tutto dipende dall’esame di lingua. In realtà lui aveva selezionato Toulouse, anche se sa a malapena l’italiano e l’unica cosa che gli è rimasta del francese studiato a scuola è la canzone Petit Papa Noël. Forse è il caso di rinunciare all’Erasmus e rimanere a casa. Studiare e laurearsi in fretta, oppure lavorare in qualche ristorante come cameriere. Sì, meglio non perdere sei mesi. Anche se l’insoddisfazione per una vita che scorre come il monotono ticchettare dell’orologio è tanta. Michele ha venticinque anni e ha accantonato i sogni dell’infanzia. Non farà il portiere, e figuriamoci diventare un chitarrista famoso – Mauris, l’uomo che avrebbe dovuto insegnargli a maneggiare la chitarra elettrica, è stato stroncato da un colpo apoplettico. La risposta arriva, l’hanno accettato anche senza esame di lingua. Meta: Barcellona. Michele vi approda la mattina del 1 febbraio. Prima volta all’estero, prima volta per tutto. Dizionario tascabile alla mano, arriva a Plaça d’Espanya. È uno spettacolo mozzafiato. “In pochi istanti”, riflette, “non sono più italiano né studente universitario, non sono più uno speranzoso siculo di Novara di Sicilia né la mia pisciata che trattengo da un’oretta. Sono solo i miei polmoni giovani e ampi, che si gonfiano del suo sole, che respirano i mattoncini rossi come se fossero dei Lego, librati nell’aria a salire uno sull’altro verso Dio in persona, e a non raggiungerlo mai”. Ha paura, Michele, ma è anche molto eccitato. Il ferrocarril raggiunge la fermata “Bellaterra”. Settecento metri ancora ed ecco la Vila Universitària. Blocco F, appartamento 311. Michele ce l’ha fatta, è finalmente arrivato a Barcellona. Obiettivi: studiare, certo, fare esperienza. Ma soprattutto – lo sanno tutti che a Barcellona si va per questo – copulare...

Una storia che ha la leggerezza e la freschezza della gioventù segna il ritorno al romanzo di Pietro De Viola – l’autore, originario di Barcellona Pozzo di Gotto, esordiva nel 2010 con Alice senza niente, azzeccata commistione di letteratura e marketing: romanzo diventato virale attraverso la comunicazione online, reso gratuitamente scaricabile (e scaricato da ben 35.000 lettori), accompagnato da un “diario di viaggio” tenuto dall’autore sul suo blog, approdato infine alla pubblicazione con l’editore Terre di Mezzo nel 2011. Se la sua prima protagonista Alice, trent’anni, era impegnata a sopravvivere nel mondo del precariato, in questo Sale e sangria De Viola compie un piccolo passo indietro, puntando la lente sull’esperienza di un venticinquenne che lascia il suo piccolo paese del Sud per un Erasmus a Barcellona. Città cosmopolita e ricca di fascino, simbolo di passione, seduzione, libertà. In un tempo limitato ma che sembra dilatarsi all’infinito, Miguel si perderà nelle emozioni intense, nella spensieratezza, negli errori e nelle scoperte della sua età. Cambierà, stipando il bagaglio del ritorno di esperienze e momenti indimenticabili. Incontrerà uno sfuggente e irriverente Virgilio – lo stampatore anarchico Celestino Flores – che insinuerà in lui un fondamentale dubbio: vivere o aspettare “che il tempo scorra e che la morte arrivi”, dormire o fare la rivoluzione? Una narrazione immediata, ironica, frizzante e scorrevole – sebbene la seconda, dolceamara, sezione del romanzo risuoni più lenta e artefatta: il lettore scoprirà perché e verrà accompagnato verso un finale per certi versi inaspettato – racconta le avventure spesso tragicomiche di Michele, il cui passo è a volte disilluso e incerto, altre spavaldo, sempre capace di incarnare una certa “malinconia del tempo perduto”: l’intensità e la bellezza di un’età che ci segna e che determina, nel bene e nel male, quel che saremo.