Salta al contenuto principale

Per scrivere bene imparate a nuotare

Per scrivere bene imparate a nuotare

Qual è la differenza tra discorso orale e discorso scritto? - domanda l’intervistatore. Giuseppe Pontiggia risponde. Chi scrive colloca le parole in una dimensione artificiale, quello della pagina, mentre chi parla interagisce direttamente con la persona che gli sta davanti accompagnando le proprie parole con gesti, voce, pause, sguardi. L’intervistatore prosegue domandando all’autore se condivida la definizione di Manzoni secondo cui l’arte avrebbe per scopo l’utile, per mezzo l’interessante e per oggetto il vero. Pontiggia non si sottrae alla risposta evidenziando come tale definizione gli appaia straordinaria perché pone attenzione sull’esigenza di sottrarre l’utile alla politica e alla morale e di riferirlo a un arricchimento dell’interiorità. Soprattutto bisogna avere di mira, dice l’autore, che occorre perseguire l’utile voluto dal lettore, indirizzarsi verso le aspettative dello stesso e non arroccarsi sul perseguimento dell’utile egoistico, quello voluto e gradito al solo autore. Spesso si scrivono cose utili solo per il proprio interesse mentre sarebbe opportuno, per essere scrittori, pensare con coraggio all’utile di chi legge. A questo punto l’intervistatore non può sottrarsi alla fatidica e spontanea domanda: “Tu non pensi che si scriva o si debba scrivere solo per sé?”. L’autore ha l’occasione di chiarire come secondo lui non si scrive mai solo per se stessi, nonostante quello che gli esordienti sono soliti dire quando consegnano il loro primo manoscritto affinché qualche intenditore lo legga, senza rendersi conto che proprio affidare il proprio testo a un editore o addetto ai lavori implica l’aspettativa che questi gradisca e trovi interessante lo stesso. D’altronde, fin dall’epoca omerica, la letteratura ha sempre presupposto un pubblico. Ma la verità, precisa Pontiggia, è che non si scrive neanche solo per gli altri. Si scrive, invero, per quel sé ideale che converge con gli altri. In altri termini, per farsi sorprendere da ciò che si scrive e lasciarsi condurre verso mete inesplorate e imprevedibili…

Un alternarsi di intense domande e sagaci risposte, un susseguirsi di interviste sulla scrittura fatte a uno scrittore e intellettuale del Novecento tra i più grandi: Giuseppe Pontiggia. Per scrivere bene imparate a nuotare raccoglie trentatré conversazioni sulla scrittura che sono apparse sulla rivista letteraria “Wimbledon” tra il marzo 1990 e il febbraio 1993 oltre che quattro lezioni pubblicate nel 1994 su “Sette”, il settimanale del “Corriere della Sera”. Tra le pagine di questo libro vengono condotte riflessioni importanti sulla letteratura e sulla sua funzione nonché sulla scrittura e le sue tecniche. La bellezza dell’opera risiede nella possibilità di leggere le parole dello stesso Pontiggia, le sue illuminanti risposte senza filtri né rimeditazioni. Ne emerge, tra una riflessione e l’altra, anche un quadro umano e artistico di questo intellettuale indimenticabile. L’autore racconta del suo rapporto con la scrittura e regala ai lettori molti aneddoti. Racconta ad esempio di essersi imbattuto nei problemi relativi al linguaggio molto presto. Fin dalla metà del secolo scorso, infatti, da redattore della rivista letteraria “Verri”, la scrittura e lo studio delle tecniche narrative sono state il suo pane quotidiano. Non a caso Pontiggia si è laureato sul finire degli anni Cinquanta con una tesi sulla tecnica narrativa nella letteratura di Italo Svevo. Una vita estremamente coerente vissuta all’insegna della parola e dello studio dei segreti della scrittura donata con uno stile limpido e diretto e culminata con la creazione della prima scuola di scrittura in Italia. La consapevolezza che permea tali pagine e che giunge direttamente al lettore è quella per cui nessuno nasce scrittore perché scrittori si diventa a costo di grande studio, di immensi sacrifici, di molti fallimenti e di tantissima pratica. Un’opera quindi imperdibile e rivolta soprattutto a tutti coloro che della scrittura vogliono fare la propria vita.