Salta al contenuto principale

Scrivere fa bene

La capacità di produrre segni si è sviluppata nel corso dell’evoluzione, sovrapponendosi al perfezionarsi delle tecniche. Il suono dentro di noi si trasforma in grafemi e guida una composizione. Il nostro testo ha un ritmo, c’è una voce narrante che adotta un tono. “Se mi leggi, sappilo. Stai assistendo alla danza dei miei pensieri: caotici, creativi, folli, semplici forse, ma se osservi bene non banali, alla scoperta del potere taumaturgico della parola”. Per l’italiano, almeno fin dai tempi di Benedetto Croce, da tempo si ragiona sul rapporto fra cervello e scrittura, su come si possa comunicare chiaramente nella forma e nella sostanza, su quali effetti (benefici) abbia per noi e per le nostre relazioni l’incisione concreta e materiale del pensiero astratto. Può essere utile fare il punto sullo stato dell’arte per studio e conoscenza, sia da parte dei lettori che da parte degli scrittori, qualunque siano i connessi luogo preferito del pensare e mezzo preferito per lo scrivere, o l’occasione di lettura. La scrittura ha qualcosa di magico, misterioso, così emotivamente impattante che richiede rispetto per ogni suo singolo elemento, dalla virgola al lettering. Supporta lo sviluppo dei più alti processi di pensiero come la concettualizzazione, il trasferimento di conoscenza, il giudizio, l’analisi critica, l’induzione e la deduzione, il pregiudizio o l’attivazione dei ricordi. Richiede un addestramento: prima impariamo a comunicare oralmente e poi per iscritto, apprendendo e valutando con tutti i sensi l’uso congruo delle mani, la fonologia, l’ortografia, la punteggiatura. Semplificando moltissimo, è come se nella nostra testa si “accendessero” dei pallini di colore diverso negli emisferi opposti (dal sinistro, lineare e analitico, al destro, altalenante e sentimentale) quasi a voler armonizzare le polarità della vita…

La giovane stratega del content marketing e ambasciatrice del karma marketing, appassionata di customer experience e neuroscienze, Giada Raffaella Cipolletta ha iniziato a scrivere per lavoro nel 2004, digitando e localizzando contenuti per alcuni siti web e collaborando con una casa editrice locale, abbandonando poi la localizzazione e l’editoria cartacea per tuffarsi di pancia nel mondo del www. Nel 2017 ha pubblicato un primo volume “Customer experience. Fai marketing di valore nell'era dell'esperienza”; in pieno 2020 per la stessa casa editrice palermitana esce con un interessante affresco sui vari aspetti dello scrivere, attività giustamente molto consigliata a tutti. Il registro del volume è l’entusiasmo, ritmo e tono compresi, talora con enfasi eccessiva; lo stile appare fresco, colloquiale e leggero, anche quando si trattano argomenti scientifici. La struttura è molto articolata: box di approfondimento curioso, figure, collegamenti ipertestuali, esercizi come strumento di studio e di verifica delle opinioni espresse, frequenti spunti di grafologia. Otto sono i capitoli di diversa lunghezza e con svariati paragrafi e titoletti: il più lungo affronta il rapporto della scrittura con la comunicazione, le neuroscienze e la psicologia; segue l’alfabetizzazione relativa al binomio scrittura – emozioni, poi in specifico si esaminano paura, tristezza, rabbia. Nel dipanarsi del testo compaiono sette inserti stesi da otto esperti o esperte, amici e collaboratori dell’autrice. In fondo un flash sulla differenza fra scrivere e parlare e, soprattutto, l’appendice con una decina di scoppiettanti articoli tratti dal blog personale. La scrittura è stata divertente, si vede; lo è anche la lettura (con qualche fatica in più a seguire tutto). Non è un manuale o un compendio sulla scrittura e alcune questioni sono solo accennate: esistono relazioni che vanno aldilà della comunicazione formale scrittore-lettore; imparare a scrivere bene e volentieri è un aspetto cruciale dei percorsi scolastici; ambivalenze e interferenze stanno sia nella parte destra che nella parte sinistra del cervello, poi anche nella scrittura e nelle relazioni comunicative che attiva.