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Se esiste un perdono

Se esiste un perdono

13 maggio 1939. Appena fuori Praga. Per molti di quei bambini si tratta del primo viaggio senza la famiglia e, se da un lato i volti sono rigati dalle lacrime per la nostalgia di casa e degli affetti familiari, dall’altro c’è l’eccitazione della nuova vita che li aspetta in Inghilterra, quel luogo al di là del mare in cui riversare ogni speranza. Inoltre, sarà davvero bellissimo vedere il mare, quella immensa distesa d’acqua che per qualcuno è una novità assoluta. Petra Linhart è preoccupata. A ventitré anni è una delle passeggere più anziane del treno e ha l’incarico, insieme ad altre cinque colleghe, di provvedere alle necessità dei piccoli viaggiatori: trentasei passeggeri tra i quattro e gli undici anni, per metà maschi e per metà femmine, quasi tutti ebrei. Quando il treno comincia a decelerare, ai confini con la Polonia, Petra scatta in piedi e chiede ai bambini di restare seduti composti e fare silenzio. Poi la giovane donna guarda fuori dal finestrino e vede un lungo reticolato che taglia in due la campagna. Nessuno pare essere al confine per il controllo dei visti e anche la stazione sembra deserta. Quando il treno si ferma, lancia un fischio tra gli sbuffi di vapore dei freni; Petra si sporge dal finestrino e ha la conferma che lì fuori non c’è nessuno. Non è possibile che il confine sia stato lasciato sguarnito. Che sta succedendo? Non ha il tempo di darsi una risposta: lo sportello del vagone si apre di scatto e sale sul vagone un soldato, un tedesco in divisa grigia. Appartiene alle truppe regolari, non è un SS, ma il suo sguardo è ugualmente freddo e annoiato. Un altro soldato raggiunge il primo: stanno cercando una bambina – dicono a Petra – sui dieci anni e con gli occhi chiari. Petra non fa in tempo neppure a muovere il capo o a proferire verbo, che i due si sono già mossi per ispezionare la carrozza. Due bambine vengono individuate e invitate, con estrema gentilezza, a scendere. Quando i soldati e le due piccole lasciano il vagone, Petra raggiunge lo sportello lasciato aperto e si sporge per capire cosa stia accadendo là fuori. Quel che vede le toglie il fiato: al centro di un campo, immobili, tredici bambine sono davanti a un uomo imponente, un gigante, che le analizza a una a una, come fossero carne da macello ...

È un video della BCC la molla che stimola la fantasia, la creatività e la penna di Fabiano Massimi – autore emiliano, già vincitore del Prix Polar 2022 – che guida il lettore nel difficile viaggio in un periodo storico, quello della Seconda guerra mondiale, segnato da violenza e crimine, ma anche da speranza e umanità. Massimi romanza la vicenda di sir Nicholas Winton, un inglese di origine ebraica che nel 1938, mentre la follia nazista si abbatte sulla Cecoslovacchia e la paura imperversa, specie tra gli ebrei del Ghetto, tenta di salvare il maggior numero possibile di vite, specie bambini, allestendo treni diretti nel Regno Unito. Sono treni carichi di disperazione e speranza, solitudine e voglia di sognare ancora un futuro possibile. Mille sono gli ostacoli che si pongono tra il progetto e la sua realizzazione, ma la volontà di portare a termine l’impresa è un ariete capace di abbattere ogni tipo di muro. C’è, tuttavia, chi non desidera essere salvato. È una bambina – tutti la conoscono come la Bambina del Sale – che tutte le sere, quando la notte inghiotte le vie della città, vende ai passanti dei sacchetti di tela, che contengono una manciata di sale, prezioso a quei tempi come o forse più dell’oro. Nessuno sa chi sia quella bambina, né come si procuri il sale. Si sa solo che la sera la si trova tra i vicoli della città e al mattino scompare, come un’ombra, insieme al segreto che custodisce. Massimi sa molto bene come dar voce alla Memoria: lo ha dimostrato nei suoi romanzi precedenti e lo conferma in quest’ultimo lavoro, in cui la Storia si intreccia alla finzione narrativa. Quel che ne esce è un racconto intenso e delicato insieme; una vicenda che commuove ma non indulge mai nel vittimismo o nel pietismo; un’istantanea che mostra la tragicità di un periodo storico buio che tuttavia è, a ben guardare, punteggiato da lampi di luce: sono quelli della speranza e nascono dalle azioni di persone che non hanno mai smesso di ascoltare la voce del cuore.