
Fino al 1920 si riteneva che l’universo si potesse immaginare utilizzando lo spazio tridimensionale della geometria euclidea in cui le variazioni avvenivano nel contesto di un mezzo, il tempo. Su questo “palcoscenico” si pensava che atomi e particelle subatomiche interagissero tra loro sulla base delle cariche elettriche. Si assumeva che gli atomi fossero costituiti da un nucleo centrale, contenente protoni, con carica positiva, e neutroni, circondato da un certo numero di elettroni, leggeri e dotati carica negativa. Albert Einstein, con la teoria della relatività, cambiò questo scenario, introducendo il concetto di un unicum spazio-tempo, curvato dalla gravitazione. Dopo il 1920, con la scoperta della meccanica quantistica, si fece strada la consapevolezza che le regole della fisica classica non funzionano sulla scala degli atomi, dove il comportamento delle cose è diverso da quanto è nella nostra quotidiana esperienza, e per questo risulta difficile da comprendere, controintuitivo, e, al tempo stesso, per lo stesso motivo, affascinante. Secondo uno dei principi fondamentali, a queste grandezze “non si può sapere dove si trova una cosa e al tempo stesso quale sia la sua velocità. L’indeterminazione della quantità di moto e quella della posizione sono complementari, e il prodotto delle due è costante”. Cosa implica questo assunto? Qualcosa di profondamente rivoluzionario per l’idea stessa che abbiamo della scienza: a livello subatomico “la natura, così come oggi siamo in grado di capirla, si comporta in modo tale che risulta fondamentalmente impossibile prevedere esattamente cosa succederà in un determinato esperimento”. Del resto, ”ogni passo, ogni parte dell’insieme della natura è solo un’approssimazione dell’intera verità, ovvero di quella che per quanto ne sappiamo è l’intera verità. Ogni nostra conoscenza, in effetti, è un’approssimazione di un qualche tipo, perché sappiamo di non sapere ancora tutte le leggi”…
“I poeti dicono che la scienza rovina la bellezza delle stelle, riducendole solo ad ammassi di atomi di gas. Solo? Anch’io mi commuovo a vedere le stelle di notte nel deserto, ma vedo di meno o di più? La vastità dei cieli sfida la mia immaginazione; attaccato a questa giostra il mio occhio riesce a cogliere luce vecchia di un milione di anni. Vedo un grande schema, di cui sono parte, e forse la mia sostanza è stata eruttata da qualche stella dimenticata, come una, ora, sta esplodendo lassù…”. Nei primi anni ’60 il California Institute of Technology (Caltech) chiese ad uno dei suoi docenti più famosi di riconfigurare il corso universitario biennale di introduzione alla fisica, in modo da renderlo più interessante per gli studenti. Il docente era Richard P. Feynman, suonatore di bongos, ritrattista di ballerine di lap dance e futuro premio Nobel per la fisica (gli fu assegnato nel 1965 per le ricerche condotte sulla elettrodinamica quantistica), già membro del “progetto Manhattan” quando era ancora un giovane dottorando a Princeton, personaggio brillante e fuori da ogni schema, in grado di coniugare rigore scientifico, humor e capacità divulgative. Ogni lezione venne registrata, ogni diagramma disegnato sulla lavagna, fotografato. La trascrizione di quello straordinario corso divenne il testo di fisica più letto e tradotto al mondo: Lectures on Physics, successivamente The Feynman Lectures on Physics (in italiano: La fisica di Feynman, Zanichelli ed. 2017). I sei capitoli delle Lectures più accessibili vennero estrapolati e pubblicati con il titolo Sei pezzi facili (in originale Six Easy Pieces: Essentials of Physics Explained by Its Most Brilliant Teacher. Altre sei lezioni furono riportate in Sei pezzi meno facili, Adelphi edizioni, in originale Six Not So Easy Pieces: Einstein’s Relativity, Simmetry and Space-Time). Al di là dell’indiscutibile valore storico, questo saggio consente un interessante approccio alla figura di Feynman in veste di docente, permettendo di apprezzarne la capacità di trasmettere passione per la materia, e la versatilità: la facilità con cui l’autore racconta le basi della chimica e della biochimica, dal ciclo di Krebs alla struttura a doppia elica del DNA nel capitolo dedicato alla relazione tra la fisica e le altre scienze, testimonia una conoscenza ben più che nozionistica dei fondamenti di discipline differenti, ed è un esempio luminoso della molteplicità di interessi della sua mente vivida e curiosa. Per i cultori, il contenuto delle Lectures in lingua originale è interamente disponibile sul sito della Caltech a loro dedicato (https://www.feynmanlectures.caltech.edu).