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Senza

Senza

1982, Paolo ha tredici anni. La fotografia che gli si presenta davanti è quella di una cinquantatreenne dello Utah, al secolo Chloe Jennings. Sul quotidiano c’è la sua foto in bianco e nero, a lato un trafiletto che ne parla. Di solito cerca di dribblare i giornali e le notizie, ma quella istantanea lo ipnotizza. Chloe Jennings non è una qualsiasi donna americana, ma un simbolo destinato a portare sconquasso nella sua esistenza. “Le mie gambe non sono fatte per muoversi e lavorare”, la citazione sotto la foto, estrapolata dall’intervista. La Jennings ha condotto una vita normalissima fino ai quattro anni, quando è rimasta traumatizzata dalla vista della zia ingessata dopo aver subito interventi al femore frantumato. La percezione di quel dolore profondo scatena una risposta irrazionale, deposita un seme che germoglierà: a cosa le servono le gambe? Non sono forse una terminazione incancrenita, pesante e inutile? Non sono un peso da estirpare? Per Chloe è una sofferenza continuare ad aver gli arti inferiori, vuole privarsene a ogni costo. Sembra ormai folle, ma le perizie psichiatriche la stimano sana di mente, e un giorno trova un medico disposto a recidere il modello spinale e cancellare le gambe dalla sua percezione. Quella foto, quella storia assurda, esercitano una strana influenza su Paolo…

Nel leggere Senza di Massimo Cracco il primo aspetto che non si può certo fare a meno di notare è la numerazione “regressiva” delle pagine: si procede, cioè, da -229 a 1. Si tratta di un espediente tipografico fortunato e già sperimentato con successo, per citare un esempio noto al grande pubblico, in Survivor dell’americano Chuck Palahniuk. La cosa che sembra accomunare i due romanzi è quindi lo scavo a ritroso, la ricerca retrospettiva. Nel libro di Cracco il protagonista, Paolo, ripercorre le sue vicende personali à rebours (per citare Huysmans), dal 1982 ai giorni nostri, pur narrandole in un eterno presente. La visione di Chloe Jennings è solo una miccia, o un detonatore, rispetto a fantasie e propositi probabilmente preesistenti. La scelta di vivere, come enunciato dal titolo, “senza” – ovvero liberandosi da lacci e lacciuoli, sfuggendo a qualsiasi “gioco regolato da sconfitte e da vittorie” autoescludendosi da ogni forma di competizione per la vita, scindendosi dalle componenti che lo connettono al cosmo e lo limitano – si fa strada piano piano e diventa sempre più assurda e radicale, totalizzante, fino a conseguenze estreme e impronosticabili. Romanzo già in concorso al Premio Commisso 2020, Senza merita un plauso anche per la copertina minimale e monocromatica, che rimanda a primo impatto all’oscurità e particolarità della vicenda narrata.