
Nina era solo una bambina. E un bambino era anche suo fratello quando un giorno il padre, Manuel Roca, gli ordinò di prendere i fucili. Nina non capì perché lei dovette nascondersi dentro una botola. Stette rannicchiata, mettendo le mani fra le gambe e avvicinando la testa alle ginocchia. Di quello che accadde dopo non vide nulla, ma sentì ogni parola, ogni grido, e sentì gli spari. Alla fine la trovarono. Anni dopo Nina va alla ricerca di uno degli uomini, il più giovane, che quella sera uccisero suo padre e suo fratello, l’uomo che vedendo la fattoria bruciare aveva gridato “Cosa abbiamo fatto”. Lo ritrova per raccontargli la sua vita di bambina di 11 anni orfana e senza casa, offrendogli da bere al tavolino di un bar...
Senza sangue è certamente un testo atipico nella bibliografia di Alessandro Baricco: un libro brevissimo, che si legge giusto nelle 2 ore che impiega un treno o un autobus per portarci da qualche parte. Un libro che dura quanto un viaggio, che è come un viaggio in una campagna immaginaria, nel cuore e nella vita di una bambina che ritroviamo poi donna in quella che potrebbe essere una città qualsiasi. Lo stile di Baricco si fa qui secco e incalzante, e delinea con tratti decisi i luoghi e i personaggi, lasciando i dialoghi in prevalenza nella seconda parte della narrazione, dialoghi peraltro quasi completamente privi di un qualche commento che faccia scorgere l’autore in filigrana. I personaggi bastano a loro stessi e alla storia, e ci porteranno ad un finale assolutamente imprevedibile.