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Serial killer per fiction e per davvero

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Da Il mostro di Firenze a Dahmer, da Ted Bundy a Dexter o ad Hannibal, sono vari decenni ormai che il cinema e ultimamente sempre più le serie tv prendono in considerazione l’argomento “serial killer” (fino a tutti gli anni Settanta passato particolarmente sotto silenzio, almeno da noi, con Tobe Hooper e il suo Non aprite quella porta - ispirato però solo in parte alla cronaca - a costituire l’unica eccezione in tanti anni “post/Psycho”, salvo qualche ulteriore caso isolato in alcune puntate di telefilm polizieschi quali Starsky e Hutch o Le strade di San Francisco), ed ultimamente anche il punto di vista ha iniziato a mutare, ad essere più disponibile a porre in una luce se non positiva quanto meno il più possibile “umanizzata” gli assassini seriali. Non a caso si sono citati, nelle precedenti righe, esempi tratti sia dalla cruda realtà sia dalla pura fiction, in quanto il libro in esame si muove, in modo anche per questo molto vario ed agile, oscillando di continuo tra questi due poli. È anche vero che in questo modo si finisce per togliere sistematicità e organizzazione strutturale al saggio, e di conseguenza a costruire riflessioni, per così dire, “a spot”; nondimeno, chi ha interesse per l’argomento troverà pane per i suoi denti, poiché vengono descritte, a grandi linee, tutte le tipologie di lungometraggi o di telefilm/fiction tv che abbiano trattato direttamente, anche solo in un episodio, la materia. In particolare viene scandagliata la tipologia psichiatrica dell’omicida seriale e dunque sia (se ve ne sono) gli stimoli che ne scatenano di volta in volta la furia, sia la più o meno provata abilità nel nascondere le tracce, non solo e non tanto dei propri omicidi, ma delle proprie tare mentali durante la vita svolta alla luce del sole, in società. In un certo senso, infatti, la linea di discrimine più netta tra i vari casi esaminati la si può tracciare tra chi ha un percorso di vita apparentemente del tutto normale e controllato, pienamente inserito nella collettività, e chi da questa si isola, di fatto, pressoché lungo tutta la propria, malata esistenza…

Il saggio complessivamente risulta interessante e ben riuscito, facendosi perciò perdonare, tutto sommato, la già detta mancanza di organicità e soprattutto la ripetitività degli ultimi tre capitoli, nei quali vengono elencati tutti gli episodi, come detto, anche isolati, in cui una serie tv abbia trattato l’argomento: meglio sarebbe stato, verosimilmente, andare più in profondità con l’analisi delle serie prettamente dedicate agli assassini seriali. Con l’eccezione, infatti, di chi abbia ambizioni “completistiche”, va detto che il lettore medio ben si sarebbe potuto crogiolare in modo soddisfatto qualora tali capitoli fossero stati dedicati all’introspezione approfondita a livello psicologico di altri personaggi come, ottimamente, viene fatto nella prima parte del libro con Dexter e con il Killer delle miniature protagonista di diversi episodi di C.S.I. – Scena del crimine.