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Servo e serva

servoserva

Regno Unito, fine Ottocento. Horace Lamb - uomo di mezza età, corporatura media, occhi azzurri e freddi, lineamenti regolari e guance magre solcate da alcune rughe- si mette le mani in tasca, come fa in genere quando vuole punire il suo interlocutore, colpevole di dargli sui nervi. In questa occasione la discussione verte sul camino, che fa fumo. Il cugino Mortimer non può che esser d’accordo sul fatto che nella stanza si stia accumulando fumo, mentre Bullivant, il maggiordomo interpellato a proposito, ritiene possa trattarsi di una conseguenza del forte vento. Bullivant è un uomo imponente, con le palpebre pesanti e un naso importante. A Mortimer quel maggiordomo dai penetranti occhi nocciola piace molto; al suo sottoposto George incute timore, mentre Horace lo teme, quando non è preda di uno dei suoi frequenti accessi nervosi, nel qual caso non ha affatto timore di nulla e di nessuno. Insomma, il camino che fa fumo è qualcosa che non va giù al padrone di casa, che ritiene sia il caso di pulire la canna fumaria, ma Bullivant obietta che quel lavoro vada effettuato esclusivamente in primavera. Però, poiché il signor Lamb insiste a ritenere che qualcosa ostruisca il condotto, George si allontana - anche per avvertire la cuoca, la signora Selden, di ritardare la colazione - e torna con un lungo bastone, che infila nella canna fumaria. Poco dopo, un uccello morto cade sul focolare. Si tratta di una taccola, un grosso volatile nero. Quando poi la padrona di casa entra nella stanza e va a sedersi di fronte ad Horace, non lo degna di un saluto - quale segno migliore ad indicare che i due sono marito e moglie? - e comincia a parlare di freddo e umidità. Charlotte Lamb è una donna bassa, robusta e parecchio goffa. Ha i capelli grigi e ispidi e gli occhi blu intensi e profondi. Horace l’ha sposata per i suoi soldi, mentre lei ha scelto il marito per amore. Col tempo, poi, l’amore è svanito, mentre i soldi sono rimasti…

Drammi familiari, che richiamano la letteratura greca classica, nascosti dietro pagine e pagine di dialoghi abilmente architettati. La vita quotidiana di un despota taccagno, stucchevole e a tratti insopportabile, che ammorba chi gli vive accanto con la sua tirchieria e con i suoi continui cambi d’umore, mal tollerati soprattutto dai domestici di casa. Questo, in sintesi, il contenuto del romanzo di Ivy Compton Burnett (scrittrice britannica, morta nel 1969, le cui opere principali annoverano, tra i temi ricorrenti, il dispotismo familiare e l'incesto, immersi in un’atmosfera tragicomica) in cui si descrivono le dinamiche di una famiglia, appartenente all’alta borghesia, nella quale i domestici recitano un ruolo piuttosto rilevante. La Compton Burnett conduce il lettore all’interno della famiglia Lamb, costituita da Horace e Charlotte - l’uomo deve il suo agio alle ricchezze portate in dote dalla moglie -, dai loro figli, dal cugino Mortimer - che prova un profondo attaccamento per il cugino Horace, ma soprattutto per Charlotte - e dalla zia settantacinquenne Emilia. Ai membri della famiglia si affianca la servitù - Bullivant, Mrs. Selden, la sua aiutante Miriam e George, poco più che diciottenne, preso da un ospizio per essere l’aiuto di Bullivant - che subisce le continue vessazioni del capofamiglia. La gran parte della narrazione si svolge tra le mura di casa Lamb, ha una connotazione teatrale e si nutre di dialoghi curatissimi, in cui ciascuno dei personaggi, bambini compresi, ha un frasario, scoppiettante e spesso sarcastico, che pare cucito addosso a ciascuna personalità. A sparigliare le carte, poi, intervengono altri personaggi - un nuovo precettore per i piccoli Lamb, accompagnato dalla madre e dalla sorella - che modificano le dinamiche interne della casa e spingono a mezze confessioni e a parziali rivelazioni. L’autrice, che deve molto al teatro classico, attinge tuttavia anche dalla commedia brillante e si pone sul panorama letterario come una perfetta Jane Austen del Ventesimo secolo, che sa raccontare senza fronzoli la mediocrità dell’uomo comune e la sua innegabile meschinità. Lettura irriverente e a tratti spietata, mostra come i ruoli sociali siano parte di una gerarchia sulla quale difficilmente si ha possibilità di scelta e invita, quindi, ad adattarvisi con la consapevolezza che, spesso, ciascuno è, all’interno del proprio nucleo, allo stesso tempo padrone e servo.