
Soldi a palate, successo, macchine veloci, case lussuose. La venerazione dei fan, in tutto il mondo, può portare l’ego di chiunque alle stelle, anche quello di anime sensibili e travagliate, capaci di scrivere opere immortali. Ma dietro alle copertine patinate dei dischi, ai messaggi più o meno profondi alla base di un testo e all’immagine iconica creata dagli dei dell’Olimpo del rock and roll, esiste una realtà più terrena, più ruvidamente materiale, più violenta. Alcune storie partono già in un certo modo: non ci si stupisce nello scoprire che la prima trasferta europea degli Oasis finì con l’arresto, su un traghetto diretto in Olanda, di tre quarti della band. Solo i più appassionati dell’argomento, invece, sapranno del brutto vizio di Phil Spector di girare armato e di “dimostrare il proprio affetto” puntando una pistola, rigorosamente carica, alla nuca (tra le più celebri, quelle di Leonard Cohen e di Stevie Wonder). Elvis amava le donne, cercando disperatamente una madre dopo aver perso quella naturale, ma non era di certo una mammoletta: l’amore andava a scovarlo anche in torbidi locali di Chicago e non si tirava indietro quando c’era da fare a pugni. Jerry Lee Lewis provocò un terremoto tra le orde di giovani che lo idolatravano, con tanto di rivolte cittadine, ma visse con un piede in paradiso e uno all’inferno, aspirando allo stato di buon cristiano ma consapevole di essere stato colpito dalle “grandi palle di fuoco” che, nella Bibbia, distruggono i peccatori. Altre volte, le storie sono tristi, oltre che maledette, e fanno calare il sipario su sedili posteriori di auto che sferzano tempeste di neve, come accaduto a Hank Williams…
Seppur non fornendo chiavi di lettura nuove, il libro di Renzo Stefanel ripropone in una maniera stilisticamente ineccepibile (anche se, a tratti, vagamente dispersiva) un tema che, da decenni, tiene banco quando si affronta non solo lo specifico caso del rock and roll ma l’arte in generale: la moralità dei suoi protagonisti. È, infatti, impossibile scindere l’artista (se tale è) dalla propria visione generale della vita e di come questa vada vissuta. Che cosa rende leggendario un poeta, un musicista, uno scrittore oltre che, ovviamente, la sua produzione se non l’aura, magica o maledetta, che ha contribuito a crearsi attorno? Sesso, droga e calci in bocca analizza proprio gli aspetti più complessi e “scomodi” di personaggi che, se non ancorati al piano terreno proprio dai loro fardelli mortali, sembrerebbero destinati di diritto all’ascensione divina. In maniera forse non consapevole, l’autore ci porta a confrontarci col dilemma di cosa siamo disposti a tollerare e a giustificare quando, sotto esame, non c’è l’uomo di tutti i giorni ma il Mito. E nell’ineluttabile universo dei corsi e ricorsi storici ci si rende conto che ogni generazione artistica deve affrontare i propri demoni e costruire la propria identità da contrappore alla giuria della società benpensante e perbenista.