
La storia della rivoluzione iraniana del 1979 inizia nel 1925. L’anno in cui sale al trono la dinastia Pahlavi. Dinastia che darà all’Iran due shah: Reza Shah e Mohammed Reza Pahlavi. Solo capendo cosa è stato l’Iran sotto il pugno di ferro di questi due regnanti possiamo capire le ragioni della rivoluzione del 1979. In quell’anno il grande reporter polacco Ryszard Kapuściński, che l’anno precedente si è fatto conoscere dal mondo per il suo reportage sul Negus Hailé Selassié, si trova a Teheran. Chiuso in una stanza d’albergo rovista fra le scartoffie e le fotografie che affollano la sua scrivania. Foto della dinastia regnante appena deposta, foto di Khomeini, il leader in absentia della rivoluzione, foto della Conferenza di Teheran, foto del bazar, il cuore della classe media mercantile. Il racconto di come Mohammed Reza abbia svenduto il paese agli stranieri, di come abbia usato le ricchezze pubbliche per costruire la sua corte accondiscendente e la sua pletorica burocrazia, è magistrale. Così come la divagazione sulla struttura economica che deriva da una risorsa tanto adatta ai regnanti dispotici, quanto nefasta per la classe media: il petrolio. Splendide anche le pagine sulla conferenza di Teheran fra Stalin, Roosevelt e Churchill…
Kapuściński non procede quasi mai con rigore o esattezza pedissequa; egli ha piuttosto il passo libero degli storici antichi, si concentra sui caratteri umani, entra nelle pieghe dei sentimenti delle folle, fiuta nell’aria i cambiamenti, sonda le stanze interiori del nostro sentire politico e sociale. Il suo racconto sembra, per certi versi, astorico, concentrato com’è a sondare le ragioni, le leggi diremmo, che cospirano affinché in un determinato momento l’equilibrio si spezzi e tutto crolli. Dell’evento che vuole descrivere – qui la rivoluzione iraniana e la nascita della Repubblica islamica – ripercorre le tappe che l’hanno reso possibile. Studia i profili dei protagonisti, ne guarda il modo di indossare un’uniforme o di mettersi in posa per una foto e vi scopre lo specchio degli eventi, il disegno del destino di una nazione fra gli zigomi e le rughe di chi la domina. Insomma, un libro che rimane imprescindibile per capire – fuori dagli schemi rigidi della storiografia accademica – cos’abbia lungamente bollito in pentola in Iran per tre quarti di secolo, fino all’esplosione della rivoluzione che ha sottratto il paese dalla sfera d’influenza occidentale e lo ha ridato agli iraniani. Nel bene e nel male.