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Shirley

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Rose e Fred Nemser sono due sposi novelli: lui è un assistente universitario in procinto di discutere la tesi; lei, presto sarà madre, a soli diciannove anni. Si conoscono al college, Rose studia Letteratura come tutte le ragazze della sua età di South Philly, benché desiderasse seguire un corso di Economia. Un sogno infranto tuttavia al bancone delle iscrizioni, davanti allo sguardo indignato della segretaria che considerava la scelta di studiare economia come “un espediente disonesto per trovare marito”. Per fortuna a Rose piacciono i libri, tanto da immedesimarsi spesso nelle eroine romantiche dei vari Wharton, Dickens, Elliot. Ma la vera ossessione della giovane donna sono i soldi: in casa sua ce ne sono sempre stati pochi, pochissimi. Sua madre aveva la mano lesta e i creditori sovente bussavano alla porta. Da bambina Rose bramava ciò che avevano i suoi amici: i libri, i vestiti, persino gli abbracci delle loro madri. Si è sempre sentita invisibile, relegata ai margini: mentre lavorava come donna delle pulizie al Bellevue-Stratford Hotel, dopo le lezioni alla Temple University, sognava di liberarsi della sua orrenda famiglia e, un giorno, di poter essere a capo di qualcosa. Un negozio magari, o una sua famiglia. Rose voleva contare qualcosa, voleva essere notata. Con il suo Freddy il sogno si avvera: certo lui non è ricco sfondato, ma si amano, tanto da essere convolati a nozze solo cinque mesi dopo la loro prima passeggiata insieme. Le dinamiche del matrimonio sono un mistero per Rose, che sta per scoprirne luci e ombre grazie anche alla conoscenza di una coppia di coniugi brillanti e anticonformisti: è il 1964, due mesi dopo le sue nozze, l’autunno è imminente. Fred è stato assunto al Bennington College, in Vermont, e il suo mentore, il noto critico letterario Stanley Edgar Hyman, si è offerto di ospitare lui e Rose nella casa che condivide con sua moglie, l’altrettanto nota Shirley Jackson, scrittrice di romanzi horror. Al termine del viaggio in treno (durante il quale Rose cerca di leggere qualche pagina del celebre L’incubo di Hill House della Jackson) ad accogliere i due giovani sposi c’è Stanley, un ometto basso e stempiato dall’aria stropicciata, ma, a suo modo, pensa Rose, estremamente affascinante. Casa Hyman è invece spaventosa, il prototipo della casa infestata. Vecchie persiane, bambole buttate sopra le erbacce, biciclette rovesciate. Alberi giganti e mostruosi, talmente grandi da non far filtrare nessuna luce attraverso i rami. Tuttavia è Shirley la vera sorpresa: una donna avvenente rinchiusa in un guscio sgradevole. Sciatta, in una parola. La sigaretta ormai consumata tenuta tra l’indice e il medio. Pantofole di seta cinese ai piedi, le sue preferite. Un cerchietto che le tiene indietro i capelli rossicci. E il suo sguardo sprezzante, quello di chi si crede superiore, benché cerchi di nasconderlo. Quello di chi ostenta arroganza per nascondere insicurezza. Shirley, Rose ne è certa sin dal primo istante, ha lo sguardo triste della donna abbandonata, mai amata. Proprio come lei…

Una bellissima scrittura per un thriller estremamente elegante che è diventato anche un film, con Elisabeth Moss come protagonista. Un sapiente miscuglio di finzione e realtà, nel quale ogni pagina è pervasa da un’inquietudine sottile che invita a restare vigili, perché qualcosa, di sicuro, sta per accadere. Come se dietro ad ogni porta, e ad ogni angolo di quella imponente casa nel Vermont si nascondesse un’insidia: è la giovane Rose, elemento di finzione del romanzo, a guidarci tra quelle mura, che sembrano accompagnare e sottolineare ogni suo sospiro, ogni sua paura, ogni suo tremore o gioia. Protagonista molto ben caratterizzata e potente voce narrante, Rose è una donna ingenua e bisognosa di affetto totalmente impreparata a gestire il pericolo; il suo incontro con la carismatica Shirley Jackson - elemento reale del romanzo, autrice di alcuni dei più celebri romanzi e racconti gotici e di fantasmi del ventesimo secolo - è da subito un vero colpo di fulmine: “L’amai all’istante, desiderai essere lei e prendermi cura di lei”. Comincia così per la protagonista quel processo di immedesimazione, venerazione e infine ossessione che caratterizza il rapporto tra lei e la celebre scrittrice, la quale, come sappiamo, è stata una sorta di musa ispiratrice per moltissimi autori del genere horror, Stephen King in testa. Susan Scarf Merrell descrive la Jackson come una massaia con poca cura del suo aspetto, affaccendata in egual modo - e con egual foga - tra i fornelli e la macchina da scrivere. Il ritratto è quello di una donna complessa, ambigua, esclusa dalla comunità (gli abitanti di Bennington parlavano male di lei, dandole della strega e della lesbica), intrappolata in un matrimonio turbolento, per via soprattutto delle continue scappatelle di Stanley con le sue studentesse. Con i coniugi Hyman è come stare sulle montagne russe; la gelosia di Shirley esplode spesso in episodi violenti, ma mai duraturi: nel giro di poco tempo infatti, le risate risuonano laddove un momento prima sono volati insulti e grida. Lei e Hyman sono stati sposati per venticinque anni, dal 1940 al 1965, quando la Jackson venne a mancare per un’ insufficienza cardiaca; Stanley non è stato certo il marito perfetto ma aveva con sua moglie una grandissima affinità intellettuale (moltissimi intellettuali all’epoca furono ospiti nella loro casa in Vermont) e ne ha sempre difeso apertamente le opere, aspramente criticate riguardo una visione troppo folle e alienante imputata ad inquietudini personali, mentre per suo marito altro non era che una visione in linea con la realtà del tempo. Rose, la nostra protagonista, intuisce comunque in Shirley una vena di follia; e se da un lato l’ama profondamente, desiderando con tutte le sue forze essere lei (si mette addirittura in mente di poter scrivere un libro), dall’altra sospetta qualcosa di terribile: sarà per quelle telefonate notturne dal silenzioso interlocutore dietro la cornetta; o per quel ritaglio di giornale capitato in mano per caso con una notizia di dodici anni prima, la sparizione di una studentessa nel campus dove Stanley insegna. Paula Welden, questo è il suo nome, si era addentrata nel bosco per una passeggiata e non era più tornata indietro. Shirley giura di non conoscerla, di non averla mai vista, e sembra sincera. Ma…“Era una donna onesta, o così credevo. Ma può una persona che non fa altro che inventare storie essere dedita alla verità?”.