
Diego è morto, ma non lo sa. Non si pone nemmeno domande sul fatto di vedere improvvisamente amici, parenti e colleghi da anni passati a miglior vita. Prima pensa a un sogno, poi si incaponisce sul fatto che i suoi figli, Matteo e Marco, non rispondono alle sue domande. Questo fatto, grazie anche alle spiegazioni che gli fornisce Vittorio Gassman, gli mostra la situazione per quella che è: è morto e questo è il suo momento di congedo dal mondo, ma ovviamente i vivi parlano con i vivi e i morti con i morti. Eppure Diego non ricorda nulla del trapasso, non un dolore, un attimo di sofferenza e gli viene fatto notare che questo è un bel colpo. Apoplettico? No, un bel colpo di fortuna: in un attimo è tutto finito! Diego si guarda intorno, non si sente pronto a compiere il passo, ogni tanto ripensa che tutto quello che sta vivendo non sia che un sogno. Eppure non è la paura di morire, perché quella no, non ce l’ha. Infatti ripensa anche al viaggio alle Maldive, alla grande onda, allo tsunami. Ricorda perfettamente quel giorno, ma non vi rintraccia nemmeno un briciolo di paura. Anzi, semmai è bravissimo a reagire, a organizzare una reazione, tanto che riempie le valigie di plastica galleggianti con cibi e bevande, per sopravvivere agli eventi della natura! Va in cucina e ritrova il padre e la madre che, come al solito, stanno esprimendosi in dialetto lombardo e, come al solito, una cucina e l’altro mangia. L’occasione lo invita subito a ricordare tutti gli aneddoti di quando stavano in casa tutti e tre, con la mamma che lavorava al Derby e rientrava tardi la notte e il papà che gli faceva fare sempre tardi a scuola, che non gli preparava mai la colazione, né tantomeno gli metteva la merenda nella cartella...
Non tutti si possono permettere di scrivere un romanzo autobiografico partendo dal proprio funerale: Diego Abantatuono l’ha fatto e lo ha realizzato nel solito modo che lo contraddistingue, ovvero facendoci divertire. Ci sono un’infinità di persone di famiglia, di personaggi dello spettacolo con cui l’attore ha condiviso tutta la vita, tra locali, cinema, fiction televisive e ognuno è chiamato a dire la propria, a ricordare, a proporre pensieri ed emozioni sulla sua dipartita, al punto che ci si comincia a fare delle domande. Per esempio, si riflette sul fatto che scrivere belle parole e metterle in bocca a un collega potrebbe essere un’arma a doppio taglio: si rischia la smentita, o la presa in giro per essere stato troppo pieno di sé, tanto da pensare che ognuno possa avere solo ricordi meravigliosi e un’ammirazione smisurata nei suoi confronti. Ma Diego è stato previdente e questo rischio non lo ha corso per niente, perché alla fine, ma solo alla fine del libro, tra i ringraziamenti, si scopre che ha fatto intervistare i suoi amici e quindi tutto quello che poi ha riportato tra le pagine è solo la pura verità. Quindi tutte parole importanti, sì, ma tutte sincere e che si merita per il suo modo di essere, per quello che ha dato al mondo dello spettacolo, ai suoi colleghi. Nel frattempo, tra le righe, si scopre un Diego Abatantuono come quasi non si pensava fosse: ligio al dovere, generoso, un po’ timido, per niente “montato”, ma anzi con la paura addosso di poter urtare qualcuno a lui vicino, che è stato capace, con la sua prima moglie, di dare comunque una famiglia solida alla figlia, di non farle mancare nulla in termini di affetto e presenze, nonostante i due fossero divorziati e anzi lui stesse cominciando una nuova storia. E in un periodo in cui basta un Grande Fratello per far sentire grandi dei perfetti sconosciuti, l’atteggiamento di Abatantuono non è poco. Anzi.