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Si può fare - L’accoglienza diffusa in Europa

Si può fare - L’accoglienza diffusa in Europa

Antonio Silvio, sua moglie Nicoletta e i loro quattro figli ce l’hanno fatta! Sembra così lontana quella notte del 18 aprile 2015, quando nel Canale di Sicilia, nelle acque internazionali a sud di Lampedusa, si consuma il naufragio di un’imbarcazione eritrea che trasportava migranti. Invece sono passati solo pochi anni, ma la visione di quelle immagini, precedute nel tempo da molte altre dello stesso tenore, spinge il professor Antonio a dire basta. Si reca in Prefettura, e davanti al funzionario, propone di accogliere nella propria abitazione a Camalò, a circa quindici chilometri da Treviso, sei profughi. Così, nella piccola frazione di Povegliano, dove vivono circa duemila abitanti, dediti in particolare alla vita agricola, contadina, giungono Sahiou, Siaka, Saeed, Mohamed, Tidjane e Ibrahimd, ragazzi forti, di giovane età, tutti provenienti dall’Africa (Gambia, Guinea-Bissau, Ghana e Costa d’Avorio). La convivenza inizialmente non è facile, soprattutto con i figli della coppia. I giorni della settimana sono organizzati nel dettaglio, dall’attività di scolarizzazione al supporto psicologico, senza tralasciare l’attività sportiva, il volontariato e l’aiuto prestato nelle attività casalinghe o per le iniziative della comunità. La determinazione di Antonio e Nicoletta permette a questi ragazzi di svolgere anche dei tirocini rimborsati, consentendogli successivamente di trovare lavoro, alcuni come lavapiatti nei ristoranti, altri in una cooperativa orticola biologica ed uno in una falegnameria. La scelta fatta con il cuore consente alla famiglia Calò di aprirsi ai ragazzi africani ma soprattutto di capire come affrontare le diversità culturali, cercando sempre punti di incontro e non di scontro...

Una coscienza civile e cristiana profondamente scosse, il cuore grande di un professore di storia e filosofia di liceo classico, di sua moglie e quattro figli, dimostrano che “Si può fare”, si può accogliere davvero, che è possibile dialogare con culture diverse, colmando il vuoto di una politica che sembra dover fare sempre di più sul tema dell’accoglienza dei profughi, non solo a livello nazionale e locale, ma anche sovranazionale. Nella famiglia Calò si sperimenta, proprio come in un laboratorio, fino a che l’esperienza vissuta si trasforma in un vero e proprio modello di accoglienza diffuso, denominato “6+6x6”. Nello specifico, i profughi vengono accolti in nuclei di sei persone massimo per ogni comune di 5.000 abitanti. A questi sei profughi vengono affiancati sei professionisti (un insegnante, un avvocato, un operatore culturale, uno psicologo, un medico e un assistente sociale), i quali però seguiranno sei nuclei, per un totale di 36 persone. Ogni nucleo vive autonomamente in un appartamento, con un bilancio di 5.400 euro al mese, frutto di 30 euro al giorno. Nel libro, scritto a quattro mani con la politologa e giornalista olandese Silke Wallenburg (che ha curato anche l’introduzione), vengono affrontati tutti gli aspetti di vita quotidiana connessi e derivanti dalla convivenza di culture diverse, dalla religione alla cucina, e si legge anche della provenienza dei soldi per affrontare le relative spese (un fondo europeo e in parte un fondo dello Stato italiano), di cui gli autori forniscono un dettagliato elenco circa le modalità di impiego. Il modello virtuoso inaugurato dalla famiglia Calò ottiene peraltro un riconoscimento politico a livello nazionale ed europeo. Il professore nel 2015 viene premiato con l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, e nel 2018 ottiene il premio di “Cittadino europeo 2018”, grazie alla lungimiranza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dell’allora Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e degli europarlamentari De Caro e Kyenge. Il libro è arricchito dalla prefazione di Sassoli, da una postfazione di Romano Prodi e da una nutrita bibliografia per chi volesse approfondire il tema dei profughi, dei migranti, dell’Africa e dell’Europa. Dalla lettura di questo libro si apprende un messaggio molto importante, che “l’incontro, se è vero incontro, ti cambia”. È questo il pensiero del professor Calò.

LEGGI L’INTERVISTA AD ANTONIO SILVIO CALÒ