
Nel V secolo a.C. Atene, capitale dell’Attica, vive la sua “età dell’oro”. È l’età di Pericle e della democrazia, nascono la scultura naturalistica e il dramma teatrale, fiorisce il pensiero filosofico. L’Atene del V secolo è anche il palcoscenico su cui si consuma la parabola di Socrate, padre della filosofia occidentale. Quando pensiamo a Socrate – il filosofo del “so di non sapere”, del “conosci te stesso” – si staglia di fronte a noi l’immagine di “un pensatore, un saggio”, incurante delle questioni materiali della vita e del suo aspetto esteriore, consacrato alle idee e alla ricerca della verità. Al suo nome è associato un metodo dialettico e più che nota è la sua condanna morte, narrata nel Fedone platonico, costretto a bere una pozione di cicuta. Socrate non ci ha lasciato nulla di scritto, i celebri dialoghi di Platone e le testimonianze dello storico Senofonte sono i riferimenti principali per la ricostruzione della sua biografia e del suo pensiero. Entrambe le fonti, tuttavia, restituiscono il ritratto di un Socrate già maturo, non rendendo conto della giovinezza del filosofo. La narrazione di una fase certamente così delicata e fondamentale per la nascita del Socrate filosofo risulta così “frammentata e oscura”, le testimonianze al riguardo sono “esigue, deboli e indirette” e sono state ritenute dai biografi moderni il più delle volte mere congetture. Cosa si può dire dunque della giovinezza di Socrate, obliata dalle biografie ufficiali? Quali impulsi indirizzarono il brillante giovane di Alopece a dedicarsi ad una filosofia rivoluzionaria, così distante dalle precedenti scuole di pensiero? Come, insomma, Socrate diventò il filosofo che tutti noi oggi conosciamo?
Ricostruire la “giovinezza perduta” del padre della filosofia occidentale: questo l’obiettivo che Armand D’Angour, grecista e professore di studi classici al Jesus College di Oxford, si pone in questo suo Socrate innamorato. Partendo dal presupposto che non si possa prescindere dal tentare di restituire la gioventù del filosofo per comprenderne a fondo le scelte della maturità, lo studioso si cimenta in una riscoperta della figura del giovane Socrate e degli anni della sua formazione, al fine di completarne e arricchirne la rappresentazione nell’immaginario collettivo. La rilettura dello studioso si avvale dichiaratamente di dati “meno sistematici” – sporadici indizi sono tramandati, ad esempio, da alcuni scritti di Ione di Chio, Aristotele e Aristosseno, frammenti che paiono divergere dalla biografia ufficiale – e si affida spesso e volentieri all’”immaginazione storica” – numerose le ricostruzioni di fantasia, indicate in carattere corsivo nel testo – per delineare un inedito ritratto del giovane Socrate. Assistiamo così alla rappresentazione caricaturale, restituita dalla commedia Le Nuvole di Aristofane, di un Socrate assimilato alle pratiche sofistiche, molto popolari e altrettanto criticate nell’Atene dell’epoca. Proviamo ad immaginare assieme a D’Angour l’abilità e le fatiche del Socrate oplita e l’eroico salvataggio, durante la battaglia di Potidea, del suo giovane protetto Alcibiade. Osserviamo sotto una nuova luce il probabile rapporto privilegiato che il filosofo ebbe con Pericle, sino ad approdare a quel Socrate “innamorato” che al libro presta il titolo – e a quella che forse è l’ipotesi più interessante presentata da D’Angour: è forse Aspasia, compagna di Pericle, a nascondersi dietro l’affascinante cortigiana Diotima del Simposio platonico? Potrebbe essere Aspasia il primo amore di Socrate, l’ispiratrice della sua originale filosofia? La versione “alternativa” che D’Angour propone di Socrate è quella di un giovane uomo benestante di nascita, affatto brutto e ben istruito, prestante guerriero, cultore di musica, danzatore, amante appassionato, di forte ed eccentrica personalità. Una versione ipotetica, certo suggestiva, veicolata da un testo divulgativo breve, agile e assai accessibile, talvolta eccessivamente ripetitivo e incline alla retorica e tuttavia non privo di elementi di interesse e curiosità.