
È il 1917 e il soldato Andrea Dorman è ferito ed è solo in quello che dà proprio l’idea di essere un ospedale da campo a tremila metri di altitudine, in mezzo ai ghiacciai. Nessuno risponde alle sue domande e ai suoi richiami, forse perché sono tutti morti o forse sono scappati. La guerra purtroppo è così! Intorno a lui, sotto quella calotta bianca, altre barelle come la sua, ma vuote, come sono vuote le brande. Un armadietto ha le ante spalancate che lasciano intravedere un solo flacone, peraltro rotto. Su un tavolo sono stati abbandonati barattoli e una siringa usata, forse servita per lui. Con le mani cerca di capire l’entità delle sue ferite: ha la gamba destra maciullata che gli procura delle fitte dolorose, ha un bozzo sopra la nuca che sanguina, ma per il resto sembra tutto a posto. Soprattutto ricorda tutto: i cadaveri nelle trincee congelati per il freddo, gli spari delle fucilazioni, i compagni che giocano a carte come se fossero in una taverna invece che al fronte. Ricorda anche tutti i loro nomi. E ricorda Maria, la sua Maria. Loro due abitano uno accanto all’altra, ma le loro famiglie sono nemiche e pensano che per il loro amore non ci sia futuro. I loro padri si contendono un fazzoletto di terra: i documenti sulle proprietà sembrano essere spariti da tutti gli archivi, anche da quelli di casa, ma poi la morte del padre di lei e della madre di lui, nel corso dello stesso inverno, a causa della polmonite, mette a tacere la contesa. L’amore tra i due trionfa: lavorano dall’alba al tramonto, Andrea con la legna e Maria con i formaggi e quando arriva il momento di parlare di matrimonio, la guerra, la Prima Guerra Mondiale, tronca ogni aspettativa, ogni sogno e mette alla prova i due giovani con una lunga separazione. Si scrivono, oh sì, lei gli manda anche i formaggi e, non si capisce perché, anche una cravatta. Ma che idea si sono fatti nel suo paese di questa guerra?
Il libro - dalla lettura accattivante - si apprezza anche per la scelta della carta per la copertina, che si vorrebbe accarezzare all’infinito, quasi a scaldarsi dalle immagini gelide delle montagne piene di ghiaccio suggerite dalle parole. Perché le descrizioni sono talmente veritiere e così ben esposte che ci si ritrova a rintanarsi sotto una coperta, quasi ripromettendosi di rileggere Sogno bianco in piena estate, quando anche solo l’idea del ghiaccio e del freddo sembra così lontana, ricercando costantemente un po’ di refrigerio. La descrizione dei paesaggi con gli occhi di conosce solo il mare riempie anche il lettore di meraviglie, nonostante le brutture della guerra, i colori dell’erba, le nuvole che vanno e vengono, i ghiacciai che riflettono il sole e illuminano le notti, il sibilare del vento, la voce dei torrenti... ogni immagine crea stupore e la maestosità di quello che viene descritto quasi intimidisce. Ma poi si realizza anche che ci sono difficoltà, dolori, il fronte, i rombi dei cannoni, le rocce appuntite, le tempeste di neve. Perché, come dice Malospirito, commilitone di Andrea Dorman, “Anche se metti al muro cento fotografie, non saranno mai come questa roba qui e non faranno altrettanto freddo”. Il riferimento è ai paesaggi della Marmolada, ma è solo un’idea di montagna perché poi i richiami tra il papa Primo nato a Canale d'Agordo, il papa Secondo che ha sciato sull’Adamello e la grappa “sempre più in alto” che è della provincia di Asti, portano da tutt'altra parte. Ma sono i personaggi della montagna a rendere questo libro così speciale, tutti estremamente interessanti ed espressioni di un amore per la montagna declinato in modi diversi, tra chi vuole difenderla e preservarla e chi vuole farla progredire, dandole e dotandola di tutti gli strumenti per modernizzarsi e crescere. Ancora più esplicative dei due “fronti” e questa volta non di guerra, sono le figure di Andrea Dorman, nipote del soldato della Prima Guerra Mondiale e Leonardo Motta, ingegnere, anche se non riconosciuto padre della funivia: due menti che vogliono cose diverse per un destino del tutto simile.