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Sole e sangue

Sole e sangue

Seduti schiena contro il muro, il membro evirato e infilato in mano, la lingua tagliata. Sangue ovunque, l’odore della morte che si spande nell’aria. È la scena che si trova davanti l’ispettore di polizia Simon Belage, un orrore che riesce a reggere solo grazie al fatto che non è di primo pelo, ne ha viste molte, nella sua lunga carriera. Ma come quella, a dire il vero, quasi mai. Ha tutta l’aria di un omicidio rituale, e ad Haiti questa espressione ha un solo significato: vudù. Belage non è uno che si fa impressionare facilmente. È uno razionale, uno che sa cosa c’è dietro a certi meccanismi. Ad Haiti il vudù è qualcosa di più di una semplice superstizione. È qualcosa che fa a gara con la religione, alle volte vi si confonde e più spesso la sostituisce. Ma a differenza della religione, che il più delle volte consola, questo fa l’opposto: terrorizza. Sulla scena del crimine un origami a forma di bara. Un indizio. Una sfida. Un messaggio la cui traduzione è: questo è solo l’inizio. Quando infatti gli omicidi si ripetono, e la firma è sempre la stessa, Belage capisce di essere davanti all’opera di un serial killer. Indaga assieme a Manus, il giovane collega che ha una simpatia per sua figlia Rachelle, e i loro sforzi li conducono sulle tracce di una misteriosa e inquietante vicenda di tratta di bambini, legata ad un vecchio orfanotrofio soprannominato “La Gaia Tomba”. Quest’ultimo è anche il punto di approdo dell’architetto Vincent, che da Parigi vola ad Haiti spinto dal desiderio di far luce sul mistero che aleggia attorno alla scomparsa della moglie. Il passato di trenta anni prima si intreccia con gli avvenimenti del presente, e un filo rosso sangue che si annida sotto traccia lega i due piani temporali. Belage è chiamato a scoprire la verità. Ma questa, come scoprirà lungo il cammino, ha un prezzo altissimo...

Sole e sangue è il quarto libro di Jerome Loubry, scrittore di thriller con un passato da restauratore che è riuscito ad affermarsi sulla scena letteraria grazie a un poderoso passaparola sul suo precedente romanzo intitolato Perché hai paura. Anche in questo libro Loubry utilizza schemi e stilemi suoi propri, in particolare la narrazione svolta su più piani temporali e spaziali. L’intreccio si svolge pagina dopo pagina, unendo i personaggi come i puntini di un disegno complesso sino alla rivelazione finale. Da una parte i plurimi omicidi su cui indaga Bellage con il loro carico di simbolismo e setting alquanto splatter. Dall’altro Vincent e il mistero che si cela dietro la morte apparentemente casuale e fortuita della moglie. Con atmosfere esotiche e inquietanti, Loubry introduce il lettore nel complesso mondo haitiano fatto di credenze ataviche, quel vudù che unisce vita e morte in un legame spaventoso. La sua scrittura è accattivante e immaginifica, specie nei passaggi più macabri della storia e nelle descrizioni delle atmosfere haitiane cariche di superstizione, e diventa per certi versi quasi horror nei capitoli in cui sviscera l’asse portante della trama, ovvero l’inquietante orfanotrofio dove sembrano accadere cose soprannaturali. Il tutto alla vigilia del grande disastro naturale che fu il terremoto di Haiti del 2010, l’unico evento reale del romanzo, narrativamente amalgamato con la vischiosa trama del vudù locale e delle sue conseguenze sull’uomo.