
2007. Ursulina, abbreviato Ulna, lavora in radio, anzi “non lavora” in radio perché non la pagano quasi nulla. Ha frequentato filosofia per tre anni, ma poi ha lasciato perdere ed è partita per New York. Ora che è tornata a Palermo deve ricostruirsi una vita e, a parte qualche familiare, le sue frequentazioni sono quasi tutte nuove. Ma nonostante sia un immondezzaio abitato da persone tronfie del loro potere, Palermo batte decisamente New York... 2002. Nonna Catena è morta e Adele non riesce a rientrare in Sicilia da Lione, dove vive. Ci prova, ma non le è possibile: al lavoro non riescono sostituirla per il giorno del funerale. Potranno darle ferie solo nei giorni immediatamente successivi. Ma in realtà pare che nessuno nella sua famiglia voglia che lei scenda in Sicilia per la celebrazione, perché alla fine sarebbe una sfacchinata per tutti, lei compresa, e bisognerebbe pure andare fino a Palermo a prenderla. Piuttosto, le dice sua madre, che si faccia un giro lei da sola, che vada a trovare qualche amico. E così Adele parte per San Francisco... 2007. A Elena la sfortuna non sta risparmiando nulla. Ha perso la mamma quando era molto piccola e ora zia Delia sta male: ha una brutta malattia che non le permetterà di vivere a lungo. Ha bisogno di assistenza e così Elena torna in Sicilia da Milano per occuparsi della zia che ha cresciuto lei e la sorella dopo la morte della madre...
Ulna, Adele ed Elena sono tre giovani donne che lasciano la Sicilia in cerca di una loro identità, ma che in realtà si rivelano profondamente legate alla terra d’origine, a cui alla fine ritornano o si trovano costrette a ritornare. Il rapporto con la terra patria è tormentato e difficile perché la Sicilia non permette una vita moderna, non offre lavoro, consente esperienze limitate; insomma non soddisfa la fame di vita dei giovani. Ondivago è pure il rapporto delle tre protagoniste con la famiglia, a cui sono indissolubilmente legate, ma da cui forse hanno provato a distaccarsi proprio emigrando. Grazie allo stile diretto e umoristico di Irene Chias, entriamo senza mediazioni nella vita e nei pensieri di queste tre ragazze, partecipiamo alle loro riflessioni e ai loro sentimenti, ne vediamo le fragilità e le difficoltà, soprattutto lavorative e relazionali, ma apprezziamo anche la loro intelligenza e la loro voglia di definirsi in un’identità autonoma. Per ritrovarsi, però, è necessario partire dalle origini, dalla terra patria e dalla famiglia, e così, nonostante tutte le carenze della realtà siciliana, che non può soddisfare le esigenze lavorative e le spinte verso la modernità e l’internazionalismo dei giovani, l’isola vince il confronto con grandi città moderne quali New York e Milano, che offrono tanto, ma spersonalizzano e spaesano chi non vi è cresciuto. Non è un caso che l’autrice riesca ad esprimere bene la tensione che vivono molti giovani “costretti” a lasciare la Sicilia per studiare e trovare poi un lavoro: anche lei è una siciliana che ha lasciato la sua terra d’origine.