
Windsor, 17 aprile 2021. Il principe Filippo, duca di Edimburgo e marito della regina Elisabetta II, è morto da otto giorni. Suo nipote Harry Windsor, duca di Sussex, è tornato in Inghilterra per partecipare al funerale dalla California, dove ormai risiede stabilmente con sua moglie Meghan Markle e il figlio Archie. Poche ore dopo la funzione funebre è seduto da solo su una panchina dei Frogmore Gardens e guarda il cellulare per controllare l’ora. Sono in ritardo. O forse non verranno proprio. Harry inizia a osservare il paesaggio tutt’intorno. Quello è uno dei suoi luoghi preferiti al mondo, un giardino bellissimo e rigoglioso, soprattutto in questo periodo dell’anno. Si respira pace e tranquillità, sensazioni che raramente ha provato nella sua vita. Il suo sguardo si perde in lontananza, si posa sulle cripte del Royal Burial Ground, dove riposano molti reali inglesi come la regina Vittoria e il pro-prozio di Harry, Edoardo, il re che ha rinunciato al trono per sposare l’amore della sua vita, la divorziata attrice americana Wallis Simpson. Gli ricorda forse qualcosa? E poi, eccoli arrivare: suo padre Carlo, il principe di Galles, e suo fratello William, duca di Cambridge e secondo in linea di successione al trono. Stanno camminando insieme verso di lui. Sembrano stranamente coesi e Harry inizia a temere che questo incontro privato, da lui fortemente voluto per tentare di appianare gli innumerevoli dissapori che hanno seguito il suo abbandono del Regno Unito, sia stato un errore. I tre iniziano a parlare del più e del meno, mentre Harry conta i minuti che lo separano dal momento in cui “l’argomento” verrà finalmente affrontato. Ed eccoli arrivare al nocciolo della questione: la famiglia lo accusa di essersene andato e di aver voltato le spalle a loro e alla Nazione. Non capiscono la ragione di questo gesto così estremo. Eppure, dovrebbero. Perché il motivo sta proprio in un evento del loro passato che si avvicina dolorosamente a quello appena vissuto: la morte di sua madre, Diana Spencer, la ex principessa del Galles, il 31 agosto del 1997...
“I panni sporchi si lavano in famiglia” è evidentemente un concetto che al giovane Harry Windsor, duca di Sussex, non è stato insegnato né alla Ludgrove School, né a Eaton. E a nulla sono serviti gli anni vissuti alla corte britannica o al servizio del suo Paese in Afghanistan, dove pure aveva dovuto mantenere un bassissimo profilo per ovvi motivi di sicurezza. Quello che, invece, sembra aver fatto suo è il detto latino “pecunia non olet”, “il denaro non puzza”. Figlio minore dell’ormai re Carlo III d’Inghilterra e della scomparsa Diana Spencer, Harry decide che è arrivato il momento di vuotare il sacco sulla sua famiglia e sulle sofferenze infertegli da una vita di agi, viaggi e feste. E lo fa in modo decisamente poco low profile, con l’attesissima autobiografia Spare – Il minore, scritta con l’ausilio del talentuoso giornalista e romanziere J. R. Moehringer. Libro che, tra l’altro, segue a ruota l’uscita su Netflix nel dicembre 2022 del documentario Harry & Meghan, di cui è protagonista insieme alla moglie, la ex attrice americana Meghan Markle. La coppia, tra l’altro, aveva già iniziato a dare in pasto la propria vita ai media nel marzo 2021, con un’intervista esclusiva alla regina dei salotti statunitensi Oprah Winfrey. Quegli stessi media di cui i due si lamentavano da anni e che, secondo il loro punto di vista, li avevano costretti a fuggire dalla Gran Bretagna. Il principe Harry, nonostante ripeta più volte all’interno del suo memoir di non aver mai sofferto il fatto di essere la “riserva reale”, decide di intitolare la sua biografia proprio Spare (tradotto in italiano alquanto impropriamente come “il minore”), sottolineando implicitamente quanto la sua condizione di eterno secondo in effetti gli sia sempre pesata parecchio. Il termine si riferisce, infatti, proprio all’antico detto della casata britannica “a heir and a spare”, “un erede e una riserva”. Riserva nel vero senso della parola: quel secondogenito che non avrebbe mai ereditato il trono a meno della morte del fratello maggiore (Enrico VIII, secondogenito divenuto re, con tutti i drammi e le rivoluzioni che ne sono conseguiti, ricorda sicuramente qualcosa). Il libro, così come il documentario, è una ricostruzione della storia chiaramente di parte. Non rivela la verità assoluta sulla frattura avvenuta in seno alla Royal Family, ma solo la versione di Harry (e di Meghan, sempre presente dietro le quinte), esattamente come tutti gli articoli pubblicati negli anni sui vari rotocalchi: parziali e, spesso, erronei o mendaci. All’interno non mancano colpi di scena, anche in senso letterale come le aggressioni fisiche di William nei confronti di Harry, o rivelazioni da rivista scandalistica. Ciò che manca, invece, è il senso dell’intera opera: non è raro che all’interno delle famiglie di qualsiasi ceto sociale si creino diverbi. Se tutti pensassero di scriverne in merito, quindi, non basterebbero tutti gli alberi dell’Amazzonia per stampare i libri. La trama è piuttosto insulsa, condita da puntini di sospensione seminati qui e là per creare maggiore coinvolgimento ed empatia nel lettore. Ricorre l’espediente dantesco dello svenimento sotto forma di innumerevoli “non ricordo bene”, “ora non saprei dire” et similia, nei momenti in cui all’autore sembra fare più comodo lasciare un argomento in sospeso piuttosto che affrontare anche le proprie magagne. Nonostante tutto, comunque, il libro si lascia leggere facilmente grazie proprio al suo stile colloquiale e alla forte sensazione di familiarità con tutti i personaggi che lo popolano. Viste le circostanze, in ogni caso, sarà difficile che quest’opera farà riaccogliere i duchi di Sussex in seno alla Royal Family britannica. In ogni caso, considerata la loro recente abitudine di sbandierare la propria vita come fossero i protagonisti di un reality show americano, potrebbero valutare l’opzione di entrare a far parte di un’altra famiglia, quella dei Kardashian. Chiaramente, dopo un appropriato cambio di nome, per esempio in Karry e Keghan.