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Diabolik: la storia infinita del Re del terrore

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L’1 novembre del 1962 usciva in edicola il numero uno di “Diabolik”, dal titolo suggestivo e al tempo stesso macabro de Il re del terrore. Il protagonista era un personaggio per il tempo estremamente innovativo, destinato a introdurre nel mondo del fumetto italiano il concetto dell’antieroe, preso dalla letteratura noir. Era il frutto dell’iniziativa editoriale e della inesauribile fantasia delle sorelle Giussani, Luciana e Angela; quest’ultima aveva scritto il testo di esordio, dove i tratti fondamentali del malvivente sono già tutti presenti – l’avido interesse per il denaro che lo spinge a rivelarsi spietato, la capacità di camuffarsi, l’agilità e l’astuzia. L’idea di un personaggio negativo estremamente accattivante era venuta alcuni anni prima a Gianluigi Bonelli, che aveva immaginato un assassino protagonista di una serie western che avrebbe dovuto chiamarsi Tex Killer, poi rabbonito in un fuorilegge in realtà degno di tutto rispetto nelle sue azioni virtuose dal nome più rassicurante di Tex Willer.



I disegni del primo numero di “Diabolik” erano stati affidati ad Angelo Zarcone, un valente artista che viveva in condizioni di estrema precarietà. Nella prima pagina della storia il suo nome non compare e per tradizione sui fumetti di Diabolik non sono mai stati indicati gli autori dei testi e dei disegni: l’Astorina – la casa editrice che pubblica la serie da sempre - si è sempre limitata a ricordare che la paternità del personaggio è delle sorelle Giussani. Eppure non sono mancati i nomi importanti al lavoro sulla testata, tra cui Tito Faraci, Alfredo Castelli, Mario Gomboli e Sergio Zaniboni. Già occupato con altri personaggi, Zarcone veniva chiamato “il tedesco” per una breve storia d’amore con una donna emigrata dalla Germania, da cui era nato un bambino biondo che il disegnatore si portava sempre appresso, trascurato quanto il padre. Dopo non troppo tempo la bella tedesca aveva abbandonato l’amante e il figlio. Terminato il numero di esordio di “Diabolik”, Zarcone sparì con il suo bambino all’improvviso: non si è mai più saputo nulla di loro. Nel 1982, per il ventennale di “Diabolik”, le sorelle Giussani giunsero a ingaggiare il famoso detective Tom Ponzi per ritrovarlo, ma la sua scomparsa rimane ad oggi il giallo più impenetrabile della storia del fumetto italiano.

Con il passare degli anni e degli albi, gli autori delle storie di Diabolik hanno evoluto la mentalità del loro personaggio attenuandone la dura scorza caratteriale - dovuta anche alla sua infanzia trascorsa tra un gruppo di malviventi - ma alcuni aspetti della saga appaiono invariabili, in particolare il legame con la città immaginaria di Clerville. È abitata in prevalenze da persone con importanti disponibilità economiche, che il Re del terrore cerca volta dopo volta di alleggerire non raramente ricorrendo alla violenza e persino all’omicidio. La vita del noto ladro ruota intorno alla compagna Eva Kant, o meglio Lady Kant, che incontra fin dal numero tre della collana, L’arresto di Diabolik. Insieme formano la coppia perfetta, per l’affiatamento, ma anche per la fedeltà di lei e la fermezza di lui, che non disdegna di punirla nel momento in cui lo merita poiché anche i più grandi amori hanno le loro ombre: una delle storie più recenti che tratta per l’appunto delle possibili conflittualità tra i due innamorati è il numero di novembre 2020 della serie “Il grande Diabolik”, intitolato per l’appunto Diabolik contro Eva. Altrettanto legato da un solido vincolo all’esistenza del malvivente è l’ispettore Ginko, classico poliziotto noir che non riesce mai a catturare il suo acerrimo nemico o se ci riesce è inutile, perché puntualmente lui si rivela capace di liberarsi; la sua anima gemella è Altea, bella quanto Eva Kant.

Una curiosità da sempre motivo di perplessità per gli appassionati delle nuvole parlanti è la particolare cronologia degli albi, presente fin dai numeri iniziali. La prima serie va dal 1962 al 1964, nel 1965 è stata pubblicata la seconda serie che ricominciava dal numero uno; dal 1966 è iniziata la catalogazione in anni, ogni anno la numerazione ricomincia dall’uno. Attualmente la serie ha raggiunto il sessantunesimo anno. Con il tempo sono state portate avanti varie collane di ristampe, come sono solite fare le case editrici di fumetti con i loro prodotti più prestigiosi, per dare ai giovani lettori la possibilità di rivivere le avventure del passato dei loro eroi. La più fortunata per Diabolik è stata la serie Swiisss, che porta come marchio l’inconfondibile coltello, l’arma con cui ogni terribile assassino colpisce le sue vittime.

Ma, come già detto, il personaggio uscito dalla mente delle sorelle Giussani con il passare del tempo ha finito per temprare questo suo carattere aggressivo e il comportamento inesorabile, diventando giusto e comprensivo di fronte a quelle che indubbiamente sono le peggiori miserie umane. Assai nota la cartolina, ormai divenuta un pezzo da collezione, in cui Diabolik si scaglia contro chi giunge ad abbandonare gli animali, sostenendo che: “Chi abbandona gli animali è un potenziale assassino”. E si deve considerare anche - e questo fin dai suoi esordi - che il ladro nella sua inesauribile vocazione a delinquere non si scaglia mai contro le persone comuni, ma sempre contro chi usa il potere e il denaro per schiacciare il prossimo. Sono le caratteristiche di un personaggio che, malgrado ai suoi albori fosse nato per rivoluzionare il mondo del fumetto proponendosi come un eroe estremamente negativo, con il passare del tempo ha saputo conquistare la simpatia dei lettori, che per alcuni aspetti di umanità lo possono ritenere un modello persino da emulare.

La fama di Diabolik ha spinto alcuni registi a donargli un volto sul grande schermo, a iniziare da Mario Bava che nel 1967 girò il suo Diabolik (sottotitolo danger: Diabolik), con John Philip Law nei panni del terribile ladro e Marisa Mell in quelli di Eva Kant, pellicola arricchita dalla partecipazione di Adolfo Celi. Il lungometraggio riproponeva le storie degli episodi Sepolto vivo!, Lotta disperata e L’ombra della notte; un film tutto sommato semplice, nella tradizione di Bava, ma scorrevole e adatto a riproporre gli aspetti fondamentali del personaggio. Nello stesso anno Steno girava Arriva Dorellik, parodia del Re del terrore con un esilarante Jonny Dorelli. Ma trattando le apparizioni cinematografiche del terribile Diabolik, è inevitabile imbattersi ancora in un mistero che nessun appassionato o studioso ha mai saputo svelare. Gli amanti del cinema di autore ricorderanno, sempre sotto la direzione di Steno, Totò Diabolicus, che offriva un possibile riferimento al personaggio delle Giussani malgrado fosse uscito nelle sale nell’aprile del 1962, alcuni mesi prima dell’inaugurazione della nuova serie noir. Difficile accertare il motivo di questa assai strana parentela, che viene indicata anche ne La paura fa Totò, saggio sui risvolti macabri nei film del principe della risata scritto da Giuseppe Cozzolino e Domenico Livigni. La pellicola più recente che ripropone una versione in carne e ossa del Re del terrore è datata 2021: ancora una volta il titolo è semplicemente Diabolik, con Luca Marinelli nei panni del ladro e Miriam Leone in quelli di Eva Kant. Il primo, però, è stato sostituito da Giacomo Gianniotti nel sequel sempre diretto dai Manetti Bros e intitolato Diabolik – Ginko all’attacco.

Ad oggi la collezione completa degli originali di “Diabolik” ha un valore di alcune migliaia di euro. Con il numero dell’1 febbraio del 2022 la saga ha raggiunto il suo novecentesimo numero, un risultato unico difficile da eguagliare per una serie a fumetti. Si parla di un totale di circa 150.000 tavole, considerando anche gli speciali e le uscite fuori serie. In un momento di crisi per il mondo delle nuvole parlanti, che con l’avvento delle nuove tecnologie sembra non riuscire più ad attirare l’interesse dei lettori come in passato, specialmente per quanto riguarda le nuove generazioni, il Re del terrore mantiene una presa forte sul suo pubblico. Fare delle previsioni per il futuro è veramente impossibile; possiamo solo augurarci che in una realtà in cui le persone saranno sempre più abituate a usufruire quasi esclusivamente di immagini in movimento, la staticità del fumetto non venga considerata un limite. Sono i giovani che non devono dimenticare che ogni forma d’arte sollecita l’immaginazione - e sicuramente anche il fumetto rientra in tale categoria - per questo è essenziale per allenare la riflessione e la fantasia. Per chi sa apprezzarle, anche le immagini del fumetto nella mente del lettore scorrono, scandendo i vari momenti della storia.

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