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L’eleganza di Muriel Barbery

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Muriel Barbery nasce a Casablanca, in Marocco, nel 1969, ma quando ha soli due mesi i suoi genitori decidono di tornare in Francia, il loro paese d’origine. Cresce circondata dai libri e la sua infanzia scorre soprattutto tra le righe di fantascienza e fumetti. A tredici anni legge Guerra e pace di Lev Tolstoj e, pur capendoci ben poco, scopre il piacere della letteratura: “È come se avessi aperto la vita in due parti come un’arancia – confessa qualche anno fa al “Financial Times” – e guardato per la prima volta cosa c’è dentro”.



Studia all’École Normale Supérieure e dopo la laurea insegna filosofia per molto tempo all’l’IUFM (Institut universitaire de formation des maîtres) di Saint Lo, in Normandia. In effetti la carriera accademica è stata la sua prima occupazione e la Barbery ha sempre pensato di non essere portata per la scrittura. A farle cambiare idea è stato suo marito, che ha conosciuto all’età di ventitré anni e che, dopo aver letto il suo primo manoscritto, l’ha convinta a pubblicarlo. È il 2000 quando esce in Francia il suo primo romanzo per Gallimard. In Italia uscirà prima con Garzanti nel 2001 come Una golosità e poi nel 2008, tradotto da Emanuelle Caillat e Cinzia Poli per Edizioni E/O come Estasi culinarie. Con i capricci gastronomici di Monsieur Arthens, che in punto di morte va alla ricerca di un sapore primordiale che ora gli sfugge, la Barbery da già prova del suo talento: è la prima fotografia di uno stile raffinato ma allo stesso tempo pungente e ironico, che ama asservirsi alla descrizione letteraria dei piaceri della vita ma anche a tematiche importanti come le disuguaglianze sociali e la volgarità del potere alto borghese. Il suo primo libro riscuote subito un largo consenso in Francia, ma il suo successo italiano sarà rimandato di qualche anno e arriverà dopo l’uscita del secondo romanzo, di cui spesso in Italia si è parlato erroneamente come romanzo d’esordio della Barbery.

Nel 2006 esce infatti in Francia sempre per Gallimard L’eleganza del riccio, che diventa subito un caso letterario, sia in patria che all’estero: tradotto in oltre venti lingue, è rimasto in classifica per tre anni, vendendo oltre due milioni di copie. In Francia ha conquistato numerosi premi, tra cui il celebre Prix des libraires, Premio dei librai, ma il suo successo ha varcato i confini francesi e anche quelli europei e nel 2009 è diventato un film, Le Hérisson, diretto da Mona Achache. L’idea dei personaggi è nata da una rilettura casuale da parte della Barbery del suo primo romanzo che, a qualche anno dalla sua uscita, era stato dimenticato in libreria. Renée, la portinaia, era un personaggio secondario nel primo libro, ma l’editore ci aveva subito visto un potenziale, confidando alla Barbery che questo personaggio così stereotipato, a tratti grezzo, avrebbe tranquillamente “potuto esprimersi come la Duchessa di Guermantes”. L’idea della seconda protagonista, Paloma, nasce invece un po’ dopo, durante la rilettura della prima stesura, sotto suggerimento del marito che la trova interessante e meritevole di voce in capitolo. A questi due personaggi fuori dal comune la Barbery trasmette tutto il suo amore per il Giappone che, a sua volta, ha ereditato dal marito. Un amore nato principalmente a livello estetico, espressione di una bellezza pura e semplice, rappresentata in maniera eccelsa nei fil di Ozu, di cui la Barbery è ghiotta. E proprio grazie all’inaspettato successo de L’eleganza del riccio la Barbery corona il suo sogno giapponese e si trasferisce per due anni a Kyoto. Poi, per anni, il silenzio.

È nel 2015 che esce Vita degli Elfi, pubblicato in Italia a gennaio 2016. Ritroviamo la Barbery, ma la ritroviamo cambiata. “Non avevo idea di scrivere un racconto fantasy, anche se contiene alcuni elementi di questo genere – confessa al “New York Times” – per me è un romanzo tradizionale con qualche animale strano”. Rimangono preponderanti il tema della bellezza, della natura dell’arte, ma cambia completamente l’ambientazione (ci troviamo tra i boschi della Borgogna e i pendii del Gran Sasso, tra esseri umani e creature elfiche) e soprattutto il linguaggio: la Barbery si esprime con uno stile sofisticato e complesso, molto lontano dalla geniale ironia di Renée e Paloma. Una tendenza letteraria che permane, un po’ mitigata almeno nello stile, anche in Uno strano paese, che completa - inserendole in un quadro più ampio - le peripezie del romanzo precedente, che vedono elfi e umani a unirsi nella lotta tra Bene e Male.

Ma il 2020 ha visto l’uscita in Italia anche di un altro libro firmato Barbery: si tratta de I gatti della scrittrice, un brevissimo ma delizioso racconto impreziosito dai disegni di Maria Guitart. Eccola qui di nuovo, la Barbery che ha fatto battere il cuore all’Europa (e a molte altre parti di mondo): circondata da una semplice ma gustosa quotidianità ci racconta, per bocca dei suoi quattro gatti, la sua vita in campagna e il suo mestiere da scrittrice. Che sia una nuova epoca? I segnali mandati dal suo Una rosa sola – un omaggio al Giappone – sono ancora contraddittori e un po’ nebulosi.

I LIBRI DI MURIEL BARBERY