
Uno dei grandi risultati del XX secolo nell’ambito della ginecologia e dell’ostetricia è stata la scoperta che il sesso del nascituro dipende solo ed esclusivamente dal padre. Peccato che Ermete Rimedi, che era solito far sentire in colpa la moglie Serenella per il sesso della primogenita, sia morto prima che la suddetta primogenita, Sperandina, potesse rinfacciarglielo. Suo padre voleva un figlio maschio e invece gli è capitata lei, una femmina, che nonostante abbia preso il nome della nonna paterna rimane comunque una delusione, una ragazzina che presto diventerà una donna a tutti gli effetti, una donna a cui dover provvedere, da sopportare e contenere, davvero una seccatura. Per questo Serenella si raccomanda con lei così spesso e così spesso le ripete di fare la brava e di farlo per lei. Sperandina non deve disobbedire, non deve rispondere né tanto meno opporsi a suo padre. Lui è il capo famiglia, l’uomo, e come tale sa cosa è meglio per il suo futuro. Così, quando Sperandina gli comunica di volersi iscrivere al Liceo scientifico lui le risponde che, in quanto donna, se proprio vuole continuare gli studi al massimo può fare Ragioneria. Il Liceo, se vorrà, potrà farlo suo fratello. L’unica colpa di Sperandina è quella di essere nata donna. Sarà sempre “signorina” e mai “ingegnere” come i suoi pari uomini, rispetto questi ultimi verrà pagata di meno, e anche i risultati raggiunti in ambito universitario non saranno mai stati abbastanza importanti da perdonarle l’essere nata donna...
Decostruire la convinzione che l’essere nata donna costituisca un peccato capitale è un percorso ben più tortuoso di quanto descritto nel romanzo, in cui, sin dall’inizio, viene presentata una donna, la protagonista Sperandina, perfettamente consapevole delle problematiche del patriarcato e le vessazioni che questo comporta. La Sperandina narratrice è però una donna di novant’anni, ormai vittima del COVID-19, di cui non stupiscono le idee così chiare riguardo la vita, il “problema” sta semmai nel capire come sia arrivata a tali conclusioni, soprattutto all’interno di un romanzo in cui viene trattata la sua intera esistenza, ovvero come Sperandina - cresciuta sentendosi costantemente dire quanto il suo essere femmina fosse problematico - sia arrivata ad essere la donna consapevole presentata all’inizio. Valerio Tagliaferri, già autore di svariati romanzi self-published, non presta particolarmente attenzione a questo aspetto. Nonostante possa definirsi veramente ben fatta la descrizione dell’ambiente domestico patriarcale nonché la descrizione di Ermete Rimedi come di un uomo dalle convinzioni molto forti (sebbene erronee) e molto abile nel cambiare le regole quando il suo castello di pregiudizi e finte certezze rischia di crollare, non altrettanto valida è l’analisi del percorso di crescita della stessa Sperandina, a cui appunto sembra mancare un pezzo e non in termini di trama quanto proprio riguardo il passaggio tra la bambina Sperandina vittima inconsapevole del patriarcato, della quale considerazioni non viene fatto cenno, e la Sperandina adulta.