
Dei quattro mitici agenti della cosiddetta “sezione araba” solo Yitzhak Shoshan, nome di battaglia Abdul Karim, è ancora vivo. Gamliel, Havakuk e Yakuba sono tutti passati a miglior vita mentre Yitzhak ha novantatré anni. È arrivato in Israele per la prima volta nel 1942 dai vicoli polverosi di Aleppo. Lavora come venditore di peperoni in un mercato di Tel Aviv e parla solo arabo. In molti come lui sono rimasti tra quelle cassette di frutta ma Yitzhak è troppo sveglio. Sopravvive alla guerra d’Indipendenza del 1948 e viene successivamente impiegato dal neonato governo per dare vita, assieme ad altri arabofoni come lui, a un’unità di spionaggio speciale denominata l’Alba, per operazioni di infiltrazione in territorio nemico, di sabotaggio e di intelligence molto delicate. Gli agenti della cosiddetta “sezione araba” sono elementi “con tonalità della pelle e accento sbagliati rispetto agli ebrei europei” definiti mista’rvim, ossia “coloro che diventano arabi”. Nulla di spettacolare o da film ma comunque fondamentale per Israele, ponendo le basi per quello che in un futuro sarebbe diventato il celebre Mossad...
Il giornalista e saggista di Gerusalemme Matti Friedman racconta la storia di questi quattro giovani tra i venti e i venticinque anni che hanno dato un enorme contributo alla nascita e alla sopravvivenza dello stato d’Israele. Storie che spesso vengono deliberatamente ignorate dalla storiografia ufficiale ma che rappresentano, secondo storici del calibro Benny Morris, “l’embrione di uno dei servizi segreti più formidabili al mondo”. Il libro in questione ha vinto anche il Natan Book Award e ha il ritmo di un romanzo di spionaggio di La Carrè. Un libro comunque lontano dai sensazionalismi ma molto rigoroso in termini di fonti, utilizzando sempre documenti ufficiali dell’Haganà. Sullo sfondo la storia della nascita di un paese così complesso come Israele, con tutte le sue criticità e specificità di etnie ebraiche e arabe che questo libro contribuisce molto ad analizzare e a comprendere.