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Stati di grazia

Stati di grazia
La città di Hölderlin, intrico di catapecchie cresciuto ai piedi di un infermale zuccherificio argentino, è l’occhio del ciclone. Qui si accampa Giugno in cerca di lavoro, a seguito di un viaggio terrificante, con nel cuore solo un briciolo di pace e amore. Ha fatto suo il nome di Paride Sanchis, il maestro di scuola che gli ha fatto dono del suo biglietto per il Sud America. Nell’ospedale di Hölderlin esercita Diego, un medico che vedrà sgretolarsi i suoi propositi umanitari e che lascia Aurora sola a Buenos Aires. Qui Aurora milita durante la rivoluzione e poi fugge in Italia, a Roma. È amica di Johnny, profugo con negli occhi il dolore delle torture, e Arturo, un tipografo transitato anche lui a Hölderlin prima di giungere in Italia… 
Ci sono ancora altri personaggi e storie, trame da scoprire che nascondono un grande lavoro di documentazione ma lasciano alla luce del sole il valore di questa grande letteratura. Incalcolabile. Questo romanzo marchia a fuoco. Un simbolo che scende nella carne e brucia la pelle, lascia l’odore acre delle cose arse vive. Forse è il figlio impossibile di Puttane assassine e Un amore, ma è la parola dell’entusiasmo che ti coglie impreparato dopo una lettura nuova e a lungo attesa contro quella di chi è accorto nel giudizio. La lingua di Davide Orecchio è stuprata dai suoi bellissimi personaggi. Ci raccontano le loro vite e lo fanno tutti in modi diversi. Parlano a loro stessi e quindi usano i linguaggi segreti che usiamo per interagire con i nostri ricordi. La prima parte è ostica e potrebbe allontanare i lettori che “battono la fiacca”, ma appaga e conforta le nostre capacità. Chi riesce a uscire dall’intrico di subordinate e dai rovi di una sintassi priva di copule, davanti non avrà altro che una nuova jungla della quale ora conosce ogni anfratto. Si tufferà allora senza paura in questo rio tumultuoso carico di mota che sono le storie magnifiche di Stati di grazia.