
Damon tamburella nervosamente le dita sul volante della sua auto. Ha spento il motore da ormai dieci minuti, ma non trova la forza di scendere dall’auto e percorrere i pochi metri del vialetto che lo separano dalla porta dell’appartamento della sua fidanzata Alex. Sono ormai due giorni che non la sente, nonostante i vari tentativi di rintracciarla. Non è la prima volta che accade, soprattutto dopo uno dei vari incontri con i suoi genitori; in due anni di relazione con lei, Damon ha capito che le serve tempo per riprendersi e ha sempre rispettato i suoi spazi. Ma questa volta sente che c’è qualcosa di diverso e di sbagliato nel silenzio di Alex. Per questo, quella mattina, dopo aver provato nuovamente a chiamarla un paio di volte senza alcun risultato, si è deciso a percorre quei pochi chilometri che separano le loro abitazioni. Come sempre, l’auto di Alex è parcheggiata nel vialetto, ma la casa sembra ancora immersa nel sonno. Un ultimo tentativo telefonico prima di prendere coraggio e scendere dall’auto, lottando contro il senso di disagio che inizia a pervaderlo cercando di autoconvincersi che quella non è una invasione di privacy… In fin dei conti, per quello che ne sa, Alex potrebbe essere in fin di vita distesa sul pavimento della sua cucina, in attesa che qualcuno vada a controllare. Tre rapidi colpi alla porta, che si apre solo dopo svariati minuti mostrando, non Alex, ma la figura esile di un uomo e rendendo reale nella mente di Damon un’ipotesi che fino a quel momento non aveva ancora preso in considerazione…
È un libro che tratta un tema veramente delicato e complesso, il romanzo della scrittrice L.A. Witt, conosciuta nel mondo letterario per le sue narrazioni su relazioni omosessuali ad alto tasso erotico. In una società del tutto simile alla nostra - compresi i pregiudizi e il razzismo verso coloro che sono considerati “diversi” - la Witt accanto a persone etero, omosessuali, queer, bisessuali, transessuali inserisce i mutagenere: persone nate con un genere definito ma in grado di cambiarlo a seconda di quale parte (femminile o maschile) sia preponderante. Una capacità vista come orrore in una società che considera normali solo le persone statiche, appunto, ovvero coloro che nate in un determinato genere a quello sono legate per tutta la vita… Protagonisti sono Damon e Alex: il primo, uomo “statico” – ovvero biologicamente uomo e a suo agio nel suo genere - mentre la seconda mutagenere. Una narrazione in grado di mettere nero su bianco le visioni dei due protagonisti: da un lato Damon, catapultato da un giorno all’altro in un mondo che pensava non lo riguardasse e che cerca, in tutti i modi, di comprendere e di andare oltre il genere per ritrovare la persona di cui è innamorato; dall’altro Alex, costretta a diventare statica con la forza, bloccata in un corpo che non sente suo e dal quale sembra non essere più possibile svincolarsi. “Mi era stata strappata via metà della mia identità. Amputata per il capriccio di qualcun altro. Separata da me grazie a quello che sembrava un taser interno”, dirà a un certo punto Alex, cercando di dare sfogo al trauma subito. Nonostante la presenza di alcuni elementi che si ripetono e che forse smorzano un po’ la forza del tema, la Witt è in grado di restituire in maniera neutrale la complessità di un tema così ampio, particolare e delicato come il tema della transizione e del non sentirsi completamente a proprio agio nel proprio corpo biologico. Non vi sono pregiudizi nella scrittura, ma ogni posizione viene espressa in modo tale da restituire un messaggio chiaro e preciso: nessuno può dire quale sia il modo giusto o sbagliato di sentirsi nella propria pelle, proprio perché solo noi la abitiamo e possiamo comprendere sino in fondo cosa voglia dire.