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Stato di terrore

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Washington, data imprecisata ma intorno al 2020: il segretario di Stato USA è una donna, Ellen Adams. Una donna intelligente, volitiva, lucida, pragmatica, che improvvisamente, quando è da poco in carica, si viene a trovare nel mezzo del più organizzato e violento attacco terroristico di al-Qaeda dopo quello delle Torri Gemelle: il figlio Gil, reporter d’assalto nelle terre del Califfato, si salva per miracolo da una bomba che sventra un autobus turistico in Pakistan, mentre una conoscenza femminile “in loco” del figlio, Anahita, che incidentalmente è anche corrispondente alla Casa Bianca, cerca di avvertire, con un criptico messaggio, Ellen di altri tre futuri attacchi in importanti città occidentali ancora però tutte da identificare. Il tempo stringe un cappio attorno alla gola del neopresidente degli Stati Uniti Williams, mentre Ellen ha qualche difficoltà nel capire di chi può fidarsi: il “nemico” certo è Bashir Shah, sorta di colto e intelligentissimo emulo di Omar Bin Laden, non solo uno dei leader di al-Qaeda ma capace di stringere accordi con la mafia russa e, si sospetta, con almeno un pezzo grosso del Pentagono. Ma, per l’appunto, con quanti nemici non individuati e perciò più pericolosi ha a che fare quotidianamente Ellen Addams? Dovrà scoprirlo presto, mentre la morsa si fa sempre più stretta attorno alle persone a lei più vicine, per primi proprio Gil e l’alleata “acquisita” Anahita…

La curiosa - e credo inedita - “liaison” letteraria tra Hillary Rodham Clinton (sì, proprio lei, la moglie del Presidente degli States di trent’anni fa ed anche lei candidata democratica pochi anni or sono quale avversaria del repubblicano Donald Trump) e Louise Penny (giallista canadese di chiara fama) ha un certo valore dal punto di vista sia della struttura sia dei contenuti: richiede una certa pazienza nella prima parte, infarcita com’è di vicende e soprattutto di personaggi che si riveleranno quasi tutti piuttosto importanti nel successivo dipanarsi della trama, ma ripaga considerevolmente nell’intreccio finale. A voler trovare dei difetti, l’ottica è un po’ troppo filo-statunitense nella complessiva visione politico/ideologica dei recenti eventi storici e militari, per cui destinata senz’altro ad attecchire più negli Stati Uniti che da noi, e va aggiunto che la “quota/parte” che, a occhio, risulta attribuibile a Penny è poca cosa rispetto a quella appannaggio della Clinton, e pressoché tutta concentrata nella parte finale, dove, in modo anche un po’ forzato, l’azione viene in parte spostata anche in Quebec presso il territorio prediletto dell’ispettore Armand Gamache, protagonista di tutti i precedenti gialli di Penny e che anche qui contribuisce in modo rilevante, pur irrompendo nell’opera per poche pagine, a risolvere il caso. In ogni caso un’opera che merita curiosità e interesse, soprattutto perché’ rispetto ai tanti altri thriller spionistici a sfondo terroristico usciti negli ultimi anni, acquisisce un particolare carattere di plausibilità essendo scritto – almeno in parte, o perlomeno ideato – da una persona che certi intrighi sotterranei al potere, interni ed esterni alla Casa Bianca, li ha conosciuti e li conosce molto bene.