Salta al contenuto principale

Sting – Ritorno ai cieli del nord

Sting – Ritorno ai cieli del nord

Gli abitanti del Tyneside, zona del Nordest inglese di cui Newcastle è una delle città più note, sono comunemente detti geordie: una comunità che, nel mosaico delle diverse appartenenze che caratterizzano il Regno Unito, rappresenta una peculiarità sociale ed economica. Ed è a Wallsend, a otto chilometri da Newcastle e in prossimità del famoso Vallo di Adriano, che nasce nel 1951 Gordon Summer, colui che, venticinque anni più tardi, il mondo conoscerà come Sting. Figlio dalla predominante classe proletaria, Gordon si rivela uno studente brillante anche se poco allineato con la rigidità dell’istruzione cattolica. Tuttavia, è proprio negli anni passati all’istituto maschile St. Cutbert che il ragazzo si avvicina alla letteratura, elemento che, assieme al malessere dovuto ai problemi coniugali dei genitori, lo porteranno verso la scrittura. La prima band in cui Gordon milita sono i Last Exit, nella prima metà degli Anni ‘70. La direzione artistica da percorrere è chiara sin da subito: affermare il proprio distacco dalla limitante origine geordie, che sia nell’ambito del jazz o nelle sonorità post punk dei Police. Ma dagli Anni ’80, quando è ormai una superstar internazionale anche come solista, Sting comincia a prendere coscienza dell’importanza che Wallsend e il Tyneside rappresentano nella propria produzione musicale. Inizia così un percorso all’inverso che, anche se non porterà Gordon a tornare a vivere nella propria città natale, influenzerà molti dei lavori negli anni a venire…

L’appartenenza geografica nel rock e nel pop è di sicuro una dei grandi temi tanto amati da fan e biografi. Sono, infatti, moltissimi i casi in cui il binomio artista-origine è un elemento inscindibile, spesso alla base di molte carriere: basti pensare all’Irlanda degli U2, al New Jersey di Springsteen o, senza andare troppo lontani, alla Genova di De André e alla Roma di Antonello Venditti. È di sicuro un aspetto molto meno noto per Sting, a meno che non si faccia parte della folta schiera di appassionati. Paul Carr, musicista e docente di popular music, nato e cresciuto lui stesso nei dintorni di Newcastle, costruisce il suo libro proprio analizzando in maniera approfondita l’influenza che l’origine “geordie” ha rappresentato, e rappresenta tutt’ora, nella produzione musicale dell’autore e cantante inglese. Un testo di certo scritto con grande competenza, ottimamente reso in italiano da un sapiente lavoro di traduzione. A mancare è però quel sano pizzico di voyeurismo in genere presente nei saggi biografici (e autobiografici) che rendono accattivante la lettura anche per i non fan. Il libro di Carr, seppur di alto livello, sembra più focalizzato sul dimostrare la validità di un fattore intellettuale e sociologico che a raccontare la storia di un grandissimo protagonista della musica internazionale.