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Storia aperta

Storia aperta

“La morte risveglia il sapere”. Quando un padre muore, di lui ci resta un lascito: oggetti, forme, insiemi vuoti che accendono il desiderio di conoscenza. Raccontare la sua storia fa sì che, per il figlio, egli non sia più morto. Che la narrazione cominci, dunque! Che le forme si riempiano nuovamente, che il figlio apprenda la storia di suo padre. Che quel vecchio signore, Pietro Migliorisi, anziano giornalista che batte sui tasti di una Olivetti e che nel 1980 se ne sta seduto in un appartamento di Roma a leggere “l’Unità”, torni in vita per raccontare la storia di quei bambini diacronici ai quali apparteneva. Pietro nasce nel quindicesimo anno di quello che viene chiamato il secolo breve a Castrogiovanni, che in seguito sarà chiamata Enna. In coda a nove tra fratelli e sorelle, nasce piangendo e i suoi vagiti si confondono con i fischi dei treni. Viene su tra ferrovieri, vermi, pidocchi e scorbuto e un cane di nome Fox. I bambini diacronici come lui sono durevoli, resistono e mutano. Pietro cresce, resiste e muta, conosce Michela e se ne innamora. Ma ecco che arriva il fascismo che lo avvolge, lo ammalia e lo porta con sé in Africa. Sbalzi di nave sulle onde, fiumi da risalire, poi villaggi e i suoi abitanti fatti fuori. Tutto passa, anche la guerra, e si torna a casa ma certe immagini restano e non se ne vanno. Come un ciuffo di capelli bianchi di una donna anziana rimasto appiccicato al calcio del fucile di un soldato. Che fascismo è questo, se si devono fare certe cose? Si chiede Pietro che vorrebbe cambiarlo. Ma ora è di nuovo con Michela e con il piccolo Vasco. Però M., dalla lontana Roma, dice che bisogna andare ancora, questa volta in Albania e Grecia. E lì fa freddo, i greci non vogliono arrendersi e la guerra è terribile, fa male, ti fa quasi imbalsamare. E quando Pietro torna a casa non sembra più lui, anche se resta un bambino diacronico. Ora vive a Roma, separato da Michela e Vasco che non vengono più a trovarlo. Ora il suo colore muta dal nero al rosso. Ora gli alleati, prima nemici e ora amici, risalgono dalla Sicilia, vengono su e cambiano la storia che si sta scrivendo sotto ai suoi piedi...

La morte di un padre scatena nei figli il bisogno di dare luce a una vita che si è spenta. Un desiderio che nasce da dentro, immediato, ma che deve maturare col tempo. Occorre cercare, conoscere, imparare dal principio una storia che si conosceva solo per frammenti. Vent’anni e settecento pagine sono occorse a Davide Orecchio per ricostruire la vita di suo padre Alfredo, scrittore e giornalista, che con Storia aperta gli ha donato una nuova identità, quella di Pietro Migliorisi. Un alter ego per raccontare, tramite l’invenzione narrativa, la vita di un uomo nato e cresciuto nel contenitore del Novecento, secolo chiamato breve ma in realtà lunghissimo e denso di avvenimenti, dentro al quale la storia di Pietro cambia colore. “Perché venga al mondo il tuo rosso deve prima morire il tuo nero. Forse questa è la storia di Migliorisi, la sua verità”. Il nero si diluisce con la progressiva disillusione di Pietro nei confronti del fascismo e di Mussolini. La rielaborazione di Davide Orecchio passa attraverso la scrittura che si carica di tutti i significati possibili, come nuvole che si ingrassano di pioggia. Immagini potentissime, visionarie e colorate. Odorano, attivano il tatto, non solo perché parlano di guerra, e la guerra parla di morti, ma per come vengono raccontate. “Ora l’Enciclopedia della guerra ci mostra i cadaveri, a via Ostiense file di polpi coi capi mosci, le uniformi slabbrate, sdraiati per terra, “composti alla meglio”, “coi corpi straziati”, “figure irreali”, cefalopodi giovani dell’esercito orfano”. Gli uomini alla guerra cambiano forma, dismettono l’umanità e diventano molli, flosci e fradici. I bambini diacronici come Pietro sopravvivono ma il loro palco di speranze casca, così come cascano quelli che lo circondano. Persino l’amore per Michela e Vasco deve cambiare. Cambierà così tanto da trasformarsi in un colpo di scena. Struggente, un’altra storia dentro la storia, Storia aperta si candida a vincere il Premio Strega per la sua intensità e maturità espressiva che fanno vivere ogni singola pagina.