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Storia di una famiglia perbene

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La mamma e la nonna, che sanno interpretare la voce del vento, le hanno intimato di non uscire, ma Maria, testarda com’è, non le ha ascoltate, ha fatto spallucce ed è uscita, contravvenendo alle loro raccomandazioni. Ed ora eccola lì, mentre attraversa di corsa la Muraglia di chianche bianche e saluta con la mano alcune comari ferme sulla porta a osservare il cielo. Quando arriva nei pressi di Torre Quetta, una vocina le sussurra di rientrare in casa, ma niente. La ragazzina non si arrende e, tenendosi forte al vestito che le arriva ai polpacci, si avvicina agli scogli. Le onde sono gigantesche e si abbattono a riva, sugli spuntoni di roccia, per poi squagliarsi. Rapita da quello spettacolo, Maria non si accorge che il cielo si è fatto minaccioso. È solo mezzogiorno, ma pare notte. Quando la pioggia comincia a cadere violenta, non c’è più tempo per tornare a casa. La ragazzina si guarda intorno e si dirige verso la Torre Quetta, una torre dismessa utilizzata, durante la guerra, dai soldati per avvistare i nemici provenienti dal mare. Lì dentro potrà stare al sicuro. Scosta la porta e si ritrova in una stanza circolare con due finestre aperte dalle quali si può controllare la costa. Per terra c’è un vecchio materasso e più in là una bacinella di alluminio sbeccata in diversi punti. Maria ha solo nove anni e non può sapere che in quella stanza le prostitute intrattengono i loro clienti. Quando rientra a casa, ore dopo, ha le gambe pesanti e i piedi che faticano a muovere passi. Sulla soglia, si ferma un solo istante per guardare la madre e la nonna. La madre non fiata e neppure Maria, perché sa che ogni singola parola potrebbe accendere la rabbia del padre. Nonna Antonietta si china su di lei, come per schiaffeggiarla, e nota la strana luce negli occhi di pece della nipote. Allora, con un filo di voce gracchiante le dice: “Tu si ‘na mala carne, essa si’, ‘na mala carne” …

Malacarne e Senzasagne. Lei, Maria, ragazzina ribelle, insolente e molto intelligente, il soprannome lo deve alla nonna, che l’ha chiamata così perché pare non temere nulla, né il padre bello come Tony Curtis ma sempre arrabbiato e spesso violento, né il fratello Vincenzo, irascibile e dedito alle cattive compagnie, o il quartiere in cui vive, quella Bari vecchia degradata nella quale superstizioni e antiche tradizioni ancora dominano e non permettono alla contemporaneità di fare breccia e imporsi. Lui invece, Michele, unico agnello tra i lupi, Senzasagne ci è nato: fa parte di una delle famiglie più pericolose della città e il suo destino pare segnato. Tra vicoli lerci, case fatiscenti e il profumo del mare che si mescola a quello del pesce, Rosa Ventrella - barese di nascita, ma residente a Cremona, una laurea in Storia contemporanea e un Master in Dirigenza Scolastica nel curriculum, oltre a una lunga esperienza di collaborazione su riviste storiche specializzate - conduce il lettore, con il suo terzo romanzo, in una realtà degli anni Ottanta del secolo scorso in cui tutto pare destinato a rimanere immobile; in una società in cui il potere assoluto è ancora quello della figura maschile; in una terra dove povertà, ignoranza e malavita la fanno da padroni, rendendo la possibilità di un riscatto un vero e proprio miraggio. Ma Maria è diversa, lei è Malacarne, ha un talento naturale per la scrittura e ha coraggio da vendere. Sa assumersi la responsabilità delle dolorose decisioni che è costretta a prendere; sa riconoscere che quello per Michele non è più solo un sentimento di amicizia, ma si è trasformato in qualcosa di più profondo, che le lacera le carni e le entra diritto nel cuore; sa che è possibile liberarsi dalle catene di una tradizione retrograda e sbagliata e dai lacci di un quartiere in cui possedere il telefono è un lusso e rispettare le gerarchie non scritte un dovere. E anche Michele conosce il coraggio di Maria, vede in lei una concreta possibilità di riscatto e riesce a fare - proprio per il sentimento che lo lega all’unica persona che, come lui, è invisibile e quindi necessaria per la propria consistenza - un passo indietro, per consentirle di liberarsi della zavorra di un destino che non ha scelto e di librarsi in volo, verso la libertà. Una storia intensa e bellissima che, pur richiamando la saga de L’amica geniale di Elena Ferrante - in cui si ritrova il racconto di una realtà simile, cruda e senza sconti, vissuta in un quartiere che diventa parte integrante della vicenda - se ne discosta nel momento in cui, per la protagonista, la rassegnazione e il rancore cedono il posto alla possibilità vera di riscrivere per sé un nuovo destino.