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Storie della preistoria

Storie della preistoria

Un miliardo di anni fa un ortolano di nome Geh Oh Vah chiede a un certo Ser Penti di aiutarlo a liberarsi dei suoi ospiti, Ah Dah Moh ed Eh Vah, che da tempo immemorabile bivaccano nel suo giardino. L’ortolano li ha invitati perché si sentiva solo, ma Ah Dah Moh ed Eh Vah, ingrati, fumano e suonano la chitarra tutto il giorno, e per nulla vogliono sapere di aiutarlo nella cura dell’Eh Dehn… Madre Na Tura, una donnona gigantesca, sta stesa su una pianura sterminata, con una montagna come cuscino e il deserto come giaciglio. Madre Na Tura sogna, e sognando crea l’universo. Basta che sogni un animale che possa ripararsi dalla pioggia senza rifugiarsi in qualche caverna che ecco annaspare la Tarta Ruga. Oppure che faccia un incubo, perché una delegazione di Maia Lini si rechi da lei per riferirle che alcuni di loro si sono trasformati in individui violenti e prepotenti, con setole dure e denti aguzzi e ricurvi che spuntano dalla bocca… Il marito di Na Tura è Evo Luzione, un ometto piccolo e magrolino con un principio di gobba, che si prodiga per accontentare i capricci della moglie che, stanca di un mondo pieno di ruggiti e urli, ha deciso di trasformare i mostruosi dinosauri in animali leggeri, variopinti e volanti…

Storie della preistoria raccoglie 21 racconti brevi per ragazzi pubblicati per la prima volta nel 1982 e in questa nuova, bella edizione illustrati da Flaminia Siciliano. I temi dei raccontini di Alberto Moravia, tutti molto brevi, sono assai vari e ricordano, almeno superficialmente, quelli delle favole di Esopo. I protagonisti sono infatti spesso animali umanizzati, ma anche divinità o uomini (potremmo anche dire che si tratta di uomini “animalizzati”). La somiglianza con Esopo finisce qui, ovvero nella cornice del tutto favolistica, dove lo spazio e il tempo si confondono, dei racconti stessi. Se quelle di Esopo sono favole morali, o meglio ancora educative, queste di Moravia sono invece favole a-morali, dove spesso vincono i meschini, i pigri, i potenti e gli altri non hanno nulla da imparare o nessuna rivincita finale. In questo senso i più riusciti sono i racconti che mettono in relazione l’umano con il divino, gli uomini del tutto privi di ragione con le divinità che, nel migliore dei casi, sono del tutto disattente alla loro creazione (“È qualche cosa, diciamo, come il sale nelle vivande. Di solito non dimentico di metterne un pizzico in qualsiasi animale mi venga fatto di sognare. Vuol dire che d’ora in poi ce ne metterò una manciata abbondante…” risponde Madre Natura ai maialini che le chiedono cosa sia la ragione; gli stessi maialini che, infatti, alla fine del racconto verranno rinchiusi dagli uomini negli allevamenti intensivi). Una Madre Natura, per intenderci, che incontrerebbe la sensibilità di Leopardi. I racconti sono accompagnati dalle belle tavole di Flaminia Siciliano (alcune anche a colori), che da sole meriterebbero l’acquisto. In sintesi, superato lo spaesamento iniziale di leggere un Moravia così “favolistico”, la lettura viene premiata dalla stratificazione di significato dei racconti, che meritano un pubblico bel oltre quello dell’infanzia.