
Sono le sei di pomeriggio quando Paloma viene ritrovata per terra, in una pozza di sangue, gli occhi e le mani ricoperte di lustrini. L’omicida l’ha colta mentre si stava preparando per una festa muxe. Paloma è un nome inventato, il vero nome della persona che giace a terra è Gaspar e appartiene al terzo genere, che nel Messico ancestrale è denominato muxe. Feliciana, parente di Paloma, è tra le prime ad accorrere e a vederla. È una visione terrificante quella che si trova davanti, ma non è inaspettata, perché è cosciente che “la morte ha deposto il suo uovo” già tempo prima nel corpo della cugina. Feliciana è infatti una curandera famosa in tutto il mondo, in grado di curare le malattie del corpo e quelle dell'anima. Deve molto a Paloma: è lei ad averla accompagnata lungo il percorso di consapevolezza delle proprie capacità, è lei ad averle detto “Feliciana, sei in una strada di uomini”. L’omicidio ha risonanza in tutto il Paese. Zoe, giovane giornalista di Città del Messico, particolarmente sensibile alla violenza di genere, accetta l’incarico di recarsi a San Felipe, remoto paesino sulla sierra dove vive la famiglia di Feliciana, per intervistare la famosa curandera e capire qualcosa in più sulla vita di Paloma. Man mano che Zoe procede con l’intervista, tramite l’aiuto di un interprete in quanto Feliciana non parla “la lingua del governo”, si rende conto di non essere lì solo per scrivere un articolo, la sua anima ha bisogno di essere curata. Man mano che scopre le vite di Paloma e Feliciana prende coscienza dell’esistenza di questioni del proprio passato che non ha realmente affrontato, il rapporto con la madre e soprattutto la sorella, intuendo che “per conoscere bene una donna bisogna conoscere bene se stesse”…
Streghe è un romanzo corale, delicato e profondamente femminile. La struttura è costruita su voci alternate: a turno a parlarci sono Feliciana o Zoe. Feliciana è l’anima del Messico ancestrale - “Io sono una sciamana, però è più facile che mi chiamino curandera, mi conoscono così. Alcuni mi chiamano strega”, Zoe quella cittadina. Entrambe si ritrovano a parlare di loro stesse e della propria famiglia, quasi specchiandosi l’una nell’altra. Man mano che Feliciana descrive la propria vita, Zoe comprende sempre di più se stessa. Una parte importante della narrazione è dedicata alle rispettive sorelle, Francisca e Leandra: “le sorelle sono ciò che non abbiamo, loro sono quello che non siamo e noi siamo quello che loro non sono”. L’autrice dosa sapientemente le informazioni da rivelare al lettore, che ritornano in modo circolare: man mano si addentra in un momento specifico della vita della due donne, come se ogni capitolo fosse un passo in più per sbrogliare la matassa della propria esistenza. Per quanto l’ambientazione del romanzo sia il Messico rurale, quello in cui lo sciamanesimo è ancora parte integrante della vita, le tematiche sono universali: la difficoltà della donna nel trovare il suo posto nella società, i rapporti famigliari, i piccoli e grandi traumi che le donne custodiscono: “mia mamma aveva perso un figlio nel freddo dell’inverno, non aveva niente per coprirlo dall’inverno e così l’aveva perso che ce l’aveva ancora fra le sue braccia […] lei non si faceva vincere dal dolore e se mi diceva il nome di mio fratello morto le si apriva una ferita nelle acque profonde”. La forza del romanzo risiede anche nella resa linguistica delle voci delle due donne: Feliciana, in particolare, ripete come un mantra le proprie frasi, ricche di parole autoctone come milpa o di espressioni particolari come “acque profonde”, dando quasi l’impressione che stia recitando in una delle sue veglie.