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Superga 1949

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4 maggio 1949: la data in cui un’intera squadra di calcio, già ascesa alla categoria del mito per i propri risultati sportivi strabilianti da almeno un quinquennio, “andò a prendersi in cielo il proprio quinto scudetto consecutivo”. Già, perché il 4 maggio 1949 alle ore 17:03, il Fiat G.212 della compagnia aerea ALI, siglato I-ELCE con a bordo l’intera squadra del Grande Torino si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga, che sorge sulle colline vicine al capoluogo piemontese. Le vittime furono 31. Anche coloro che non hanno avuto la fortuna di sentir raccontare in diretta (per radio o sui giornali dell’epoca) o di vedere coi propri occhi al Filadelfia di Torino le imprese di quell’oliata macchina da gol e da trionfi che era la squadra granata del ‘42/’49, sanno che il Torino si trovava ancora una volta primo con 4 punti di vantaggio: troppo sconvolgente sarebbe stato far competere per il prosieguo del campionato la squadra Primavera al posto di quei campioni di cui, per loro incredibile buona sorte, sole 2 riserve erano rimaste in vita, in quanto non erano partite in aereo coi compagni per la trasferta amichevole di Lisbona. E dunque dopo i commoventi funerali – dei quali un documentario dell’Istituto Luce restituisce intatta, a 70 anni di distanza, l’attonita tragicità e la composta partecipazione di un pubblico infinito - si decise, con mossa equa ed incontestabile, di assegnare al Torino comunque lo scudetto, un “trofeo d’addio” a una squadra irripetibile…

Giuseppe Culicchia, flglio di un tifoso torinista (emigrato sotto la Mole dalla Sicilia) che le gesta dei mitici granata di Valentino Mazzola le visse molto da vicino, spesso recandosi allo stadio Filadelfia, racconta tramite la “tradizione orale” dei ricordi tramandatigli dal padre e attraverso interviste e commenti di chi era nell’ambiente delle squadra ma per sua fortuna non salì su quel maledetto aereo, gli aspetti più sorprendenti e rilevanti delle imprese di quella squadra mitica, che passò alla storia come il Grande Torino. Soprattutto, ci si sofferma sulle caratteristiche di un’epoca enormemente più semplice, vivibile e “a misura d’uomo” anche per quelle che oggi invece sono star inavvicinabili, ossia i grandi campioni del calcio, e sui motivi, anche sociologici e politici (si era reduci delle continue e letali divisioni e tensioni ideologiche dell’immediato Dopoguerra) , che s’intrecciarono alla passione e ammirazione sportiva facendo sì che il Grande Torino diventasse forse l’unico catalizzatore, in quella fase storica, capace di unire l’Italia da Nord a Sud anziché dilaniarla in suddivisioni cariche d’odio e paura. Diverse altre ricostruzioni sono uscite, anche di recente, sull’imbattibile squadra spentasi a Superga: rispetto ad esempio a quella uscita qualche mese orsono, Il Grande Torino – Gli immortali di Alberto Manassero, questa di Culicchia è molto più breve e sintetica, meno interessante per gli “affamati” di curiosità e statistiche sportive, senz’altro invece più affascinante per chi è maggiormente attratto dal quadro d’insieme storico e sociologico.