
Rostock, fine anni Trenta, una città che “da secoli veniva deturpata da cattivi architetti”, una famiglia normale e borghese nelle sue villeggiature estive dai parenti, nei lussi che si concede (vestiti nuovi ogni tanto, la macchina fotografica, gli occhiali firmati, la porcellana di Meissen), nelle proprie abitudini gerarchicamente organizzate. Walter è un bambino di dieci anni e vive con il padre, militare dell’esercito tedesco che ha combattuto nella prima guerra mondiale e che fa il sensale nel porto, la madre discendente da una famiglia nobile francese ugonotta, la sorella e il fratello più grandi. Walter va a scuola, impara a suonare il piano con la signora Schnabel, ascolta i dischi di musica jazz (“musica da negri”) di suo fratello, gioca con i modellini di incrociatori in scala insieme agli altri pimpfe della gioventù hitleriana, mentre a poco a poco la guerra vera entra nella vita sua e della propria città, distrutta dai bombardamenti nel 1942. La sorella si sposa con un danese e lascia la Germania, il padre e il fratello sono in guerra e a casa resta solo lui con la mamma, finché l’esercito tedesco non chiama al servizio obbligatorio anche i bambini, perché facciano da corrieri tra una postazione e l’altra dell’esercito...
Impossibile comprendere fino in fondo il grande valore di questo romanzo se non si conosce la biografia dell’autore, che corrisponde a quanto narrato. Walter Kempowski è infatti nato nel 1929 a Rostock, è rimasto orfano di padre a pochi giorni dalla resa della Germania nella seconda guerra mondiale, ha subito l’occupazione della sua città da parte dei sovietici, e infine è stato internato nella DDR con l’accusa di spionaggio dal 1948 al 1956. Una volta uscito dal carcere ha trovato nella scrittura un modo per superare il trauma di quanto vissuto, riportandone il ricordo indelebile non solo in questo Tadellöser & Wolff ma anche in altri romanzi. È diventato una specie di “archivista” della memoria collettiva tedesca raccogliendo documenti dell’epoca, fotografie, e soprattutto le testimonianze di tanti connazionali cui ha posto le domande: “Ha mai visto Hitler?”, “Sapeva qualcosa dei campi di concentramento?”, “Cosa ricorda degli anni scolastici?”, interviste che sono state pubblicate in ben tre volumi (Deutsche Chronik). La sua scrittura è stata definita “a mosaico” poiché la narrazione si costruisce attraverso un quadro di immagini viste e ricordate dal bambino Walter, interrotte da frammenti di canzoni, citazioni letterarie, documenti storici, espressioni gergali e modi di dire della Germania nazista. Kempowski è morto il 5 ottobre del 2007, poco prima che uscisse in Italia questa prima traduzione di una sua opera per la quale aveva invece suggerito il titolo “Right or wrong?”, volendo forse invitare il lettore italiano a prendere posizione sul comportamento dei propri personaggi.