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Tango e gli altri – Romanzo di una raffica, anzi tre

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Anno 1944. Tango, dopo aver assistito alla fucilazione di Bob, lo finisce con il proverbiale colpo di grazia. Il tribunale partigiano ha emanato la propria sentenza, e perciò era inevitabile che finisse così. Il giovane, giovanissimo, Bob infatti, stando a quelle che sembrano prove indiscutibili, si è reso colpevole di un crimine atroce: il massacro delle Piane, lo sterminio dell’intera famiglia del patriarca. Era dunque un traditore? Un alleato dei nazisti? Difficile a dirsi, ma è stato giudicato alla svelta dai suoi compagni e anche da un commissario politico venuto per l’occasione: si è stabilito così che questa era l’unica punizione possibile. Intanto, però, Benedetto Santovito detto “Salerno”, carabiniere e anche membro della brigata Giustizia e Libertà, ha avviato un’indagine in proprio: alcuni elementi del caso non gli sembrano tornare. La guerra e la progressiva ritirata dei tedeschi non gli permettono però di concludere il lavoro. Soltanto molti anni dopo, nel 1960, tra le sue mani giungerà una lettera che sembrerà rimettere tutto in discussione. Sarà allora il momento di fare luce una volta per tutte sul tragico destino di Bob…

La costruzione di questo romanzo è indubbiamente solida. Tutto in esso è verosimile, e spesso vi si trovano rimandi anche a eventi reali, grazie al buon lavoro svolto sulle fonti storiche. Viene così dipinta la situazione della Resistenza italiana nella sanguinosa fase finale della Seconda Guerra Mondiale in modo realistico e mai retorico. Il lettore, infatti, non ha a che fare con eroi senza macchia o ideologicamente perfetti, bensì con persone più o meno comuni finite nel bel mezzo di un cataclisma storico di proporzioni inaudite. E in una simile situazione vien da dire che l’errore e il male sono inevitabili, così come la morte di perfetti innocenti. Dal punto di vista prettamente narrativo, invece, questo è un romanzo che presenta a mio parere alcune problematiche. Molti, infatti, sono i capitoli in cui l’azione ristagna. In alcuni casi si ha la sensazione di essere impantanati in una lettura che non decolla, che si perde in dialoghi privi di particolare spessore e utilità. Sin dal principio, inoltre, è facilmente intuibile la conclusione della vicenda, ed escludendo il nome del reale colpevole, per il resto si arriva proprio dove il lettore poteva supporre. Al contempo, inoltre, lo stile utilizzato non è sufficientemente letterario per rendere interessanti i punti lenti di quello che, in sostanza, è un romanzo di pura trama.