
Daniele sostiene di non essere capace di fare come il suo compagno Matteo, che è in grado di fregare i giudici, gli avvocati, i dottori e i preti che vengono in carcere a trovare tutti i detenuti come loro. Matteo, infatti, sostiene di essere pentito. Sinceramente. E magari lo è anche davvero, chi può dirlo. Ma Daniele no. Non è in grado. Non sa porsi in quel modo. Non è capace di risultare piacevole, nonostante tutto. Ha voglia di ammazzarsi. Gli verrebbe da prendere il lenzuolo e impiccarsi alle inferriate. Perché in realtà per Daniele il pentimento di Matteo non è per quello che ha fatto, anzi, è convinto che se si trovasse nella stessa situazione che l’ha portato qui si comporterebbe nello stesso modo: è pentito per le conseguenze, questo sì. Ma la storia di Daniele è diversa. Inizia in un giorno di sole, o meglio, esplode in quel momento: perché l’origine di tutto va fatta risalire più indietro, una valanga scaturita da un accumulo di tante piccole cose…
Nel novero dei volumi che hanno fatto bella mostra di sé all’edizione del 2019 del Premio Calvino - una delle rassegne e delle vetrine più importanti, prestigiose e consolidatesi nel tempo per gli scrittori italiani – c’è questo Tante piccole cose di Stefano Etzi, che ha una prosa limpida e leggibile. È una storia dura, dolorosa, amara, potente, che induce alla riflessione, che guarda senza falsi pudori nei meandri più oscuri dell’anima, della vita, dell’individuo, della società, del quotidiano. È il racconto senza filtri, credibile e disturbante, schietto, in prima persona, di Daniele Masala, un uomo anonimo, insignificante, che in un giorno di sole in nulla e per nulla diverso da qualunque altro massacra moglie e suoceri e dalla prigione si racconta, senza farsi sconti, e a tutti coloro che così sono resi edotti di ciò che solo lui sa pone inquietanti interrogativi, costringendo ciascuno a guardare laddove, di norma, eviterebbe, voltando sdegnato, inorridito e timoroso lo sguardo.