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A tavola con Tanaquilla, Velia, Larthia e le altre - La cultura etrusca attraverso i cibi

A tavola con Tanaquilla, Velia, Larthia e le altre - La cultura etrusca attraverso i cibi

La ricerca archeologica ha dimostrato che la cultura etrusca non è rimasta circoscritta ai territori tra i corsi dell’Arno e del Tevere dove si è sviluppata la loro civiltà, ma si è spinta a nord sino all’Emilia e alla foce del fiume Po e a sud fino alla Campania dove i terreni erano fertili e potevano confrontarsi con i greci stanziati lungo le coste. Anche Roma fu fondamentale, anzi gli Etruschi espressero tre re romani: Lucio Tarquino Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. La mancanza di fonti a parte monumenti, iscrizioni e suppellettili rinvenute nelle tombe ha fatto a lungo parlare di un popolo misterioso, di origine incerta e di incerte “parentele” con altri popoli. L’alta considerazione nella quale tenevano le loro donne ha probabilmente fatto gridare allo scandalo le altre civiltà antiche. Le donne avevano la gestione della casa e del cibo che preparavano. Grande attenzione, secondo i ritrovamenti, veniva prestata all’abbigliamento, ai gioielli e ai profumi. I bruciaprofumi in bronzo ritrovati sicuramente servivano a rendere più gradevoli gli ambienti del banchetto. D’altronde gli Etruschi furono chiamati da Diodoro Siculo (90 - 27 a.C.) “gastriduloi”, ovvero schiavi del ventre e lo stesso Aristotele e lo storico suo contemporaneo, Teopompo, raccontano proprio di una certa smodatezza nell’alimentazione. Purtroppo però non sono state rinvenute fonti letterarie dirette, ma una grossa mano l’hanno data le moderne indagini chimico - fisiche, che hanno dato qualche informazione in più sul cibo dell’epoca. Considerato lo sviluppo di caccia e pesca (gli Etruschi godevano fama di grandi cacciatori), di allevamenti, di produzioni agricole che addirittura esportavano, ne sapevano molte sulla conservazione della carne, sulla creazione di formaggi (anche con coagulanti vegetali come il fiore del carciofo, del cardo selvatico o il lattice del fico) - e anzi le forme dei loro formaggi arrivavano a pesare anche mille libbre (327 kg) -, sulla salatura e affumicatura, sulla produzione del miele, sulla rotazione del colture, bonifica, canalizzazione delle acque, ecc.. Un popolo davvero “avanti”, d’esempio per tutti gli altri...

Viene da chiedersi: ma quante cose sa, Sandra Ianni, per produrre così tanti libri interessanti sull’enogastronomia storica? È un viaggio interessantissimo anche quello che compie nei territori etruschi, sulle tracce lasciate dalle loro arti nella coltivazione, conservazione e... considerazione dei cibi (ad esempio dell’olio, per loro “oro verde”). Un’attenta osservazione dei reperti, dei risultati delle analisi scientifiche, degli antichi scritti di autori contemporanei alla civiltà etrusca, le hanno permesso di immaginare, di ricostruire, là dove mancavano testimonianze dirette, la vita e le attività di un popolo che pur senza documentazione scritta ha comunque lasciato tracce ben visibili. La sensibilità e le conoscenze profonde della materia da parte di Sandra Ianni le hanno permesso, quindi, di organizzare un ipotetico banchetto al quale ha invitato alcune delle donne più conosciute dell’epoca, come Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco e suocera di Servio Tullio; Velia raffigurata in un affresco del IV secolo a.C. nella Tomba dell’Orco di Tarquinia con gioielli e una graziosa acconciatura che le tiene raccolti i riccioli; Larthia Seianti, donna dalla status elevato, è ritratta nel suo sarcofago piena di gioielli, mentre si specchia. E insieme a loro molte delle donne più in vista di questa civiltà, per le quali ha ipotizzato l’utilizzo della biancheria migliore e delle masserizie maggiormente rispondenti al lusso eccessivo e all’abbondanza delle tavole etrusche. Non sono giunte fino a noi ricette precise, ma i ritrovamenti paleobotanici e alcune testimonianze tratte da scritti antichi, anche omerici, oltre alle antiche varietà vegetali presenti anche oggi nei territori corrispondenti all’antica Etruria di allora, la flora selvatica, gli usi comuni o scambiati con civiltà contemporanee, hanno permesso una ricostruzione veritiera delle tavole di allora. Gli ingredienti utilizzati, quindi, dalla Ianni sono tratti dalla conoscenza, dall’evidenza scientifica, dalla presenza di tali cibi nel periodo in questione, non senza l’aggiunta di curiosità che impreziosiscono le notizie a corredo. Ecco quindi polentine di farro, minestre, zuppe, una grande varietà di pani, alla lavanda, alle olive, con la farina di fave, di ghiande, con i fichi, carni e pesce con salse aromatiche, lenticchie, ceci e piselli, frittate, erbe cotte, insalate, funghi, asparagi, preparazioni sottaceto, sale, creme dolci. Il tutto annaffiato sempre dal vino, anche aromatizzato, ma soprattutto messo in tavola con il garbo e la profonda conoscenza di una grande esperta di storia enogastronomica.