
Fino al XVII secolo inoltrato il verso è stato patrimonio dell’attore, e il teatro era in metrica: si pensi ad autori come Eschilo o Shakespeare, nelle cui opere la forma poesia e la forma testo drammatico finiscono col coincidere; si pensi ai molti casi in cui la forma verbale attiva del teatro si risolve, al suo livello più alto, nella forma poesia. La poesia rappresenterebbe una sorta di teatro della parola: il luogo dove la parola avrebbe modo di esibirsi e dare spettacolo di sé. Come il teatro, anche la poesia è drammatica, in maniera anzi più radicale rispetto a qualsiasi altro discorso verbale. Si potrebbe dunque considerare la poesia come teatro, ben oltre il significato metaforico di teatro della parola: poesia come vero e proprio genere teatrale da aggiungere al repertorio storico dei modi teatrali; sarebbe auspicabile uno spazio d’avvenimento in cui il teatrale della poesia possa risolversi in quello recitativo, scenografico e musicale; i poeti dovrebbero avere minor reticenza alla teatralità: in tal maniera, il teatro di poesia potrebbe condurre a una sintesi di oralità: “accettando, da parte del teatro, una sfida creativa linguistica più complessa, e da parte della poesia una scrittura non esclusiva, non mormorante all’interno dell’io, che narra le storie e le leggende che ogni metafora contiene, di cui ogni metafora è il mito istantaneo”. I teatranti dovrebbero essere invogliati dal teatro che la poesia contiene, e i poeti dalla poesia che il teatro può coltivare...
Vengono proposte al lettore, in questo volume che non supera le trenta pagine, alcune riflessioni di Roberto Piumini sul tema dell’identità intrinseca di teatro e poesia. Piumini - che è nato nel 1947, e ha scritto e pubblicato un vasto numero di lavori, spaziando dalla narrativa per l’infanzia fino alla poesia (in un’intervista rilasciata qualche anno fa, affermava per altro di essersi cimentato più o meno in qualsiasi genere, fatta eccezione per la pornografia) - pare voler invitare a una più profonda simbiosi consapevole delle due forme, quella poetica e quella teatrale, auspicando l’avvento di una forma “nuova”, il teatro/poesia richiamato fin dal titolo, che rappresenterebbe, sì, una evoluzione stilistica, ma anche un richiamo al mondo della poesia e del teatro tradizionali. Per quanto sia composto sostanzialmente da una manciata di pagine (il lettore impiegherà meno di un’ora per leggerlo tutto), Teatro/Poesia è notevole per lo stile e l’uso sapiente delle parole, che paiono dosate e come sviscerate molto lentamente sul foglio, quasi a ritrarre il flusso dei pensieri dell’autore stesso mentre pensa: nessuna parola pare essere stata scritta per errore o per noia, ogni frase sembra essere esattamente al posto giusto. Piumini ha anche tradotto poesie di Browning, i sonetti e il Macbeth di Shakespeare, il Paradiso perduto di Milton , l’Aulularia di Plauto. All’autore di questo articolo, Teatro/ Poesia richiama alla mente alcuni scritti in prosa di Yves Bonnefoy.