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Tecla tre volte

1995: Nazario ha sette anni, e quel giorno sta giocando nel cortile dell’anonimo condominio a elle in cui abita la nonna, quando vede uscire da una strana capsula metallica l’uomo dal vestito scarlatto: somiglia a suo padre, ma sembra più vecchio di lui. Nazario, che è piuttosto intelligente e ha già letto La fine dell’eternità di Isaac Asimov e ha visto Ritorno al futuro, ci mette poco a capire che di fronte ha una versione di se stesso da grande, che gli dice che di lì a ventiquattro anni dovrà stare molto attento, perché sarà sul punto di commettere un terribile errore, e di tenere a mente due parole: “Atene 18”. Detto ciò, gli consegna un oggetto: un cubo in metallo con cui potrà cancellare lo sbaglio che gli farà perdere quel che di più importante avrà al mondo. Ma dovrà fare attenzione: il cubo gli consentirà solo tre tentativi. Nazario si beccherà il morbillo e la meningite di lì a poco, e tra i deliri febbrili finirà con il dimenticare il cubo e l’indizio. Esattamente per ventiquattro anni. Ne avrà trentuno quando salirà sul palco di quella Festa dell’Unità di periferia con i Guardian Eye So Blue, una tribute band dedita a riproporre il repertorio dei Genesis degli anni 1970 - 1977. E proprio quando avrà addosso il costume da margherita gigante reso celebre da Peter Gabriel in una delle sue celeberrime performance, incrocerà lo sguardo con lei: occhialoni da bibliotecaria, un corpo mozzafiato, una indiscutibile somiglianza con Gloria Guida, la nota interprete delle commedie sexy all’italiana degli anni ’70…

Gianluca Morozzi, bolognese classe 1971, scrittore, chitarrista degli Street Legal (tribute band di Bob Dylan), insegnante di scrittura creativa, già conduttore del programma “L’era del Moroz” su Radiocittà Fujiko e appassionato di fumetti, nel 2004 si impose sulla scena editoriale con il claustrofobico thriller Blackout, da cui è stato tratto l’omonimo film con Amber Tamblyn, Armand Hammer e Aidan Gillen (il Lord Petyr “Ditocorto” Baelish della celebre serie tv targata HBO Game of Thrones). In poco più di cento pagine l’autore si diverte con ironia a mescolare ingredienti del romanzo di fantascienza alla narrazione di una storia d’amore, tratteggiata solo nel suo esordio e nelle sue rapide e molteplici conclusioni, che finisce per costituire solo il mezzo necessario allo svolgimento della trama, senza sentire la necessità di approfondire le caratteristiche psicologiche dei personaggi e le dinamiche tardo-adolescenziali di questa coppia. Finale gradevole ed ironico in linea con l’atmosfera di un libro che mostra più il respiro del racconto lungo che quello del romanzo. Se in un malinconico pomeriggio autunnale siete in cerca di un testo che si lascia leggere rapidamente, in grado di lasciarvi un sorriso alla sua conclusione, Tecla tre volte potrebbe fare al vostro caso.