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Teddy

teddy

La disintossicazione per Mallory è stata devastante. I traumi del passato che l’hanno trascinata nel circolo vizioso che l’ha quasi uccisa non le danno tregua. Una promessa dello sport alla quale sono state tarpate le ali. Tuttavia, Mallory è decisa a rimettere insieme i pezzi della sua vita, a ricominciare per guadagnarsi un futuro diverso. È così che grazie al suo fidato sponsor e unico amico Russell, trova un lavoro come baby-sitter nella lussuosa casa dei Maxwell: una coppia perfettamente borghese che vive negli ideali della concretezza, dell’economicità, della cucina vegana e di una buona dose di apparenze da mantenere. A Mallory viene concesso di vivere nel meraviglioso cottage a ridosso del bosco, accanto alla casa principale. Il bambino al quale dovrà tenere compagnia è Teddy: dolce, timido, fedele alla sua t-shirt a righe viola e dai buffi capelli rossi. Come presto Mellory potrà constatare, Teddy ama disegnare. Una passione che, a detta dei genitori, sembra essere nata proprio con il trasferimento della nuova casa. Con il trasloco, oltre alle doti artistiche, è comparsa anche Anya, l’amica immaginaria del bambino che viene a fargli compagnia ogni notte e gli regala tanti spunti su cosa disegnare. I disegni, tuttavia, sono ben diversi da quelli che potrebbe realizzare un bambino di cinque anni. Le scene raffigurate coinvolgono sempre la figura di Anya, rappresentata con lunghi capelli neri, un vestitino bianco e la bocca spalancata. Mellory sa per certo che Teddy è mancino. Allora perché quando disegna, lo fa con la mano destra? I fatti inspiegabili che iniziano ad accadere portano la ragazza a dubitare sull’esistenza di un confine tra ‘possibile’ ed ‘impossibile’, tra ‘vita’ e ‘morte’. Non si tratta solo di Teddy. Anche lei è in pericolo…

Teddy è il secondo romanzo di Jason Rekulak e, a pochi mesi dalla sua uscita, ha già dato molto di che discutere. Se si dovesse descrivere semplicemente questo libro, lo si potrebbe paragonare al nostro sacchetto di patatine preferito: una volta aperto, è impossibile richiuderlo finché non è finito. Le intenzioni dell’autore sono chiare e non lasciano spazio ai fraintendimenti. Si vuole attrarre il lettore e incatenarlo alle pagine. Ogni suo elemento è accuratamente pensato in questi termini. La trama è il perfetto connubio tra ciò che è già stato fatto, e che funziona, e tra dettagli innovativi che rendono il tutto maggiormente godibile. I cliché ci sono tutti: fantasmi, possessioni, sedute spiritiche, bambini misteriosi, ragazze fragili e facili da manipolare. Tuttavia, nessuno di questi stride nella narrazione. Ogni elemento viene inserito con intelligenza in un contesto che vuole stupire, creando nel loro complesso una storia nuova. Teddy non è il classico bambino spaventato delle storie horror. Egli è, anzi, l’unico che sembra giungere alla consapevolezza di quello che sta accadendo. Anche la conclusione attende il lettore per scoccargli un violento colpo di scena. Il lettore prende parte ad un gioco ammaliante e spaventoso, senza che se ne renda conto. Gli indizi vengono forniti ad ogni pagina e, con la giusta attenzione, il finale può essere scovato. Eppure, quando arriva, colpisce ugualmente. La scelta delle numerose illustrazioni inserite tra le pagine non è casuale. Esse non vogliono essere la cornice della scena, ma le protagoniste. Sono un elemento chiave per l’epilogo della storia. Approcciando a Teddy non ci si deve perciò aspettare una scrittura prosaica, un tormento psicologico sottile e ricercato o una trama che stravolga l’ordinario. È una storia nella quale gli elementi spaventosi sono funzionali e spiegati al lettore con semplicità, ma senza banalità. Mettiti comodo, apri il libro e dimentica il mondo che ti circonda. Non sono necessarie riflessioni, coinvolgimenti emotivi o analisi approfondite. Quello che il libro vuole fare è intrattenere e, senza dubbio, ne è capace.