
Lizzie è una bibliotecaria con una vita molto movimentata. Ha un marito, Ben, che trascorre molte ore in casa; un figlio piccolo, Eli, che frequenta una scuola dagli ambienti troppo grandi; ha un fratello, Henry, con gravi problemi di tossicodipendenza; una madre dolcissima, che però non riesce a sopportare. Lizzie fatica a tenere tutto insieme, sente il peso della responsabilità di una famiglia che dipende dalle sue cure e spesso le pesa la gestione di una vita così frammentata ed al servizio degli altri. Tuttavia ha un talento eccezionale per continuare a complicarsela e quindi è quasi naturale per lei accettare la proposta di aiuto dell’amica Sylvia, anche perché in fondo è grazie a lei se ha avuto quel posto da bibliotecaria. Sylvia gestisce un blog molto seguito, “Cascasse il mondo”, che attira l’attenzione di tanti follower, che le intasano la casella mail con teorie strampalate e richieste assurde. Ecco, Lizzie dovrebbe aiutarla, a pagamento si intende, a smaltire la posta. All’inizio è quasi divertente rispondere al mare di domande che arrivano dagli utenti, perché le fanno capire di essere circondata da pazzi scatenati che vivono delle più assurde fobie e credenze. “Che cosa sparirà per prima dai negozi? Cos’è la trance culturale? Cos’è l’internet delle cose?”: Lizzie affronta la sfida con ironia, salvo capire che non sempre è sufficiente. Le resta forse l’illusione di un amante, Will, che compare come possibile “accoppiamento assortativo”, un simile che ama un simile. Quella fuga dalla realtà le restituisce un po’ di vitalità, ma nella vita le cose non vanno così. A casa l’aspetta un topo che non si riesce a stanare e la strana sensazione di essere al bivio tra un mondo che scompare e l’orto da coltivare...
Con questo nuovo romanzo, Jenny Offill riesce a tradurre in forma sincopata e frammentaria tutte le paure e ansie della vita di una donna media, mamma, sorella e lavoratrice, con sogni, affetti ed aspettative. La donna, con il suo insostituibile ruolo sociale, fa da collante alle tessere di un puzzle che sembra esplodere con una straordinaria forza centrifuga, anche se un centro non c’è o se c’è non è lei. Offill attraverso Lizzie ci tiene inchiodati sulla domanda fondamentale di questo nuovo millenarismo: come fare a tenere insieme la vita privata di fronte al disastro, civile, ambientale e psichico, che sta investendo il mondo e i pazzi che lo abitano? Confesso che ho faticato a decidermi a continuare la lettura dopo aver assaggiato soltanto poche pagine: il romanzo utilizza una struttura composta di piccoli paragrafi mischiati fra di loro come schegge impazzite di pensiero, per cui siamo catapultati, fin dalla prima riga e senza nessun preavviso, nei flussi disordinati di una mente che ragiona ad alta voce. Ma una volta entrati in sintonia con quella voce, non si riesce più ad abbandonarla, spinti a cercare, pagina dopo pagina, una nuova massima, una nuova domanda. E confesso anche che in parte si deve continuare a leggere per il desiderio di ritrovare in mezzo a quelle domande anche qualche frammento della nostra quotidianità. Offill non indugia mai su immagini o riflessioni troppo articolate, ma riporta con forza mimetica l’andamento della nostra mente travolta dal caos e dalla frenesia quotidiana: è un torrente in piena che non trova mai pace in un lago. Disintegra la realtà e la narrazione, con una scrittura aforistica, spezzata, tutta lanciata ad addensare in una battuta, in un dettaglio imprevisto, la sua esistenza all’interno di un mondo che va troppo veloce: è la mente di Lizzie il vero plot narrativo di una storia che vive di lampi e di ombre.