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Terreni

Terreni

Una donna che torna a casa e inizia un diario. Casa è Reykjavík e forse, il motivo per cui lo fa è liberarsi della “benda” che cinge i suoi occhi come quelli della Santa Lucia a cui dedica il primo paragrafo della sua cronaca del ritorno. Il diario, che è anche la cronaca di un amore nuovo di zecca con l’ornitologo Fugli, un uomo “profumato di acqua di colonia verde” che vive tra una mansarda e un magazzino stracolmo, inizia il 23 dicembre si dipana per istantanee stagionali, il lunedì delle ceneri la ritroviamo accampata sotto le stelle sul Helgafell, che rappresenta la montagna sacra nella storia e letteratura islandese, mentre si delizia con dolci che sanno di nonna e di infanzia. Vive una fase di distacco all’inizio dell’estate, quando Fugli si ritira in una grotta nella regione meridionale del Paese “recuperare le sue penne”, per dirla con la donna innamorata e poco paziente. Il diario si fa sempre più circostanziato con l’avanzare delle stagioni: i dialoghi intimi con suo fratello Ugli si alternano alle cronache familiari recuperate attraverso il diario di sua nonna, la stanchezza cede il posto alla nostalgia e quest’ultima scolora nel calo del desiderio. Con lo scorrere delle pagine e il trascorrere del tempo raccontato, il diario sentimentale diventa sempre più un pretesto per costruire mappe, sulle quali i sentieri geografici che celebrano la natura islandese in tutte le sue forme, si alternano ai sentieri culturali e storici, lo snocciolarsi delle tradizioni culinarie, folkloristiche e familiari si incrocia con le ricostruzioni storiche che partendo dalla storia familiare tracciano percorsi a ritroso fino alla notte dei tempi…

I diari della adorata nonna, la relazione su uno scavo archeologico, i dialoghi con se stessa, la cronistoria di un amore inizialmente implume e delicato come tutte le nuove creature, i dialoghi fulminei e malinconici tra amici sono solo alcune delle linee di demarcazione dei Terreni che Oddný Eir Ævarsdóttir disegna. L’autrice ha scelto una forma narrativa quasi in disuso ma da cui si dichiara affascinata sin da quando, bambina, ha letto i Diari di Anna Frank e l’ha usata in maniera originale e rivoluzionaria. Il diario della donna senza nome non è solo la collezione dei suoi pensieri, riflessioni ed eventi biografici, ma una cartina geografica dai contorni sfumati. Gli sguardi a volo d’uccello che la giovane autrice islandese autrice ci concede sui suoi percorsi mentali tendono a volte a farsi capricciosi e le ragioni per cui sceglie determinate concatenazioni di eventi, di luoghi, di tempi possono essere imperscrutabili durante la lettura. Ne risulta una mappa a tratti confusa e solo all’ultima pagina il disegno si fa chiaro e nitido e davanti a noi si apre il paesaggio mozzafiato e i tracciati dell’anima che ad esso è profondamente e ancestralmente radicata.