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Ti basta l’Atlantico? - Lettere 1906-1931

Ti basta l’Atlantico? - Lettere 1906-1931

Il 22 aprile 1908 Virginia Woolf scrive dalla Cornovaglia – su una carta da lettere commerciale, l’unica che è riuscita a trovare – affermando di passare la maggior parte del suo tempo sola con la natura, in attesa di avere la giusta ispirazione per poter descrivere i colori dell’Atlantico, che “ha strani brividi di verde e viola”; la scrittrice teme di chiamarli “rossori” perché tale termine potrebbe evocare il colore della carne. Virginia ha grande affinità con la vita selvaggia, la ama – quanto è rimasta seduta su quella roccia nella brughiera? Potrebbe esserci stata un’ora come dieci minuti –, ma lo stesso non si può dire di Lytton Strachey, il destinatario della sua missiva. Lui le risponde mentre è in preda a un violento raffreddore che lo costringe a casa chiedendole, sempre per lettera, se davvero le ginestre sono gialle e informandola che negli Hampstead il clima è pessimo; proprio per curare la sua salute ha da poco soggiornato al Green Dragon sull’altopiano di Salisbury, in compagnia del fratello e di altri amici. Naturalmente, afferma Lytton, il cibo era scadente, i venti gelidi ma il divertimento assicurato: vi era anche un giovane studente universitario dai capelli biondi e dalle guance rosee che li intratteneva con piacere suonando la chitarra e cantando. Avrebbe voluto ci fosse anche Virginia e non nega che proprio in questo momento gli farebbe piacere poter discutere insieme a lei, amabilmente, davanti ad un focherello acceso, parlando e sparlando dei loro amici, degli scrittori e degli ultimi libri letti, della critica letteraria e della vita…

Volume interessante che raccoglie la corrispondenza fra Virginia Woolf e Lytton Strachey, entrambi appartenenti al Circolo di Bloomsbury, nell’arco di tempo che va dal 1906, anno in cui lei aveva ventiquattro anni e lui ventisei, al 1931; Strachey morirà nel 1932, poche settimane dopo l’invio dell’ultima lettera di Virginia riportata nel testo, e che per tale motivo probabilmente non è mai stata letta da Lytton. Particolare e azzeccata l’idea di una traduzione a quattro mani, con i bravi Chiara Valerio e Alessandro Giammei che “interpretano” – come ben spiegato nella piacevole introduzione, a sua volta sotto forma di scambio epistolare – rispettivamente Virginia e Lytton nella traduzione; un lavoro durato all’incirca un anno e svoltosi proprio a distanza, tramite mail inviate l’uno all’altra e viceversa. Completano l’opera alcune pagine con immagini delle lettere originali e la prefazione all’edizione inglese curata dal marito di Virginia, Leonard Woolf, e dal fratello di Lytton, James Strachey. Sicuramente una perla interessante. Certo, la conversazione non è continua, è spesso interrotta, alcune missive si riducono a poco più che inviti, quindi l’attenzione del lettore è altalenante e spesso la curiosità di vedere la risposta non viene soddisfatta (si sa che Lytton era molto più preciso ed ordinato di Virginia, quindi sono più le lettere di lei, ben conservate, che quelle di lui, che Virginia potrebbe aver perso qua e là nei vari viaggi e traslochi). Per chi ama Virginia – e chi non la ama?!? – è un’opera che permette di aggiungere un tassello in più nella sua conoscenza, di vederla sotto un’altra veste che comunque lascia trasparire, inevitabilmente, il suo animo sensibile e profondo.