
È un’estate calda tra i dammusi di Pantelleria e giù sugli scogli di Cala del Sole. Tempo di vacanze per molti: anche per la famiglia Ottaviani di Urbino, mamma e due figlie gemelle, Tina e Bea, venute a passare qualche giorno lontano dalla città. Il padre, Sergej, musicista e insegnante di musica, non c’è; un’avventura extraconiugale con una delle sue giovani allieve ha infatti definitivamente messo in crisi il matrimonio e minato l’equilibrio familiare. Tina e Bea non si rassegnano, ognuna a modo suo cerca di far riavvicinare i genitori, ognuna spera che quell’amore paterno così presto sottratto ai loro giorni e alle loro notti possa tornare quello di sempre. Ma l’estate è cattiva e spesso porta i pensieri lontano dalle giuste sponde, è il tempo delle prime infatuazioni anche per le due bambine. Sull’isola arriva una coppia di fidanzati, Stefano, separatista corso e Parì, nuotatrice francese in ascesa. Tina che all’apparenza sembra un maschio, lontanissima dalle fattezze e dall’appariscente e acerba sensualità della sorella, prova dei timidi turbamenti per Parì, passa i giorni a catturare meduse e a cercare di incrociare i suoi sguardi. L’innocenza piano piano lascia il posto al passaggio doloroso all’età delle domande e mentre Bea fa la smorfiosa con Stefano, la mamma sembra attratta da Charles, un uomo solitario e ubriacone di origini canadesi, segnato da una perdita profonda e apparentemente incolmabile. L’isola è una girandola di varia umanità che gira veloce intorno alle vite dei protagonisti, ed è proprio nei giorni di quell’estate rovente, tra le gite alla Balata dei Turchi e i pranzi al bar-ristorante Alta Marea, gestito da Andre, che i segreti di molti troveranno il modo per essere svelati…
“La vita non è quella che hai deciso che sia. La vita è la vita e un’isola è un’isola”, dice una volta Andre a Tina e forse è proprio così. A quanti di noi è capitato di confondere le due cose, in vacanza, fuori dal mondo, su un’isola nera, abbagliati dal suo “sole fermo nel cielo” e da quel “suo mare eterno”? In quanti abbiamo immaginato e sognato di poter essere preda per sempre di quella malìa perfetta che abita i paradisi del Mediterraneo e Pantelleria in particolare? La stessa fascinazione che sorprese il sommo Garcia Marquez durante una vacanza nel 1969, “un’estate felice” di sole tenace che “si infilava a coltellate” nel cuore del poeta e che sempre rimase nella sua memoria tanto da ispirare nel 1976 la stesura de L’estate felice della signora Forbes, parte dei Dodici racconti raminghi. Ma non tutte le estati sono nate per essere felici come quella di Marquez, alcune sono lì solo per essere vissute, per segnare in qualche modo uno spartiacque tra ciò che eravamo prima di sbarcare e quello che siamo diventati al momento di ripartire. Il mondo visto dagli occhi di un bambino è da sempre un percorso affascinante e Alessio Torino è bravissimo nel trovare le parole e le giuste scenografie perché Tina affronti il suo personale viaggio di maturazione. Tina non piange mai, è una bambina apparentemente dura, asciutta, capace di grandi solitudini ed altrettante mancanze. La lontananza dal padre, il suo tradimento, l’essere stata privata di una figura così importante in un momento di crescita ed evoluzione non può lasciarla indifferente. Tina ama sua madre ma riconosce in quella donna Flintstone, un po’ troglodita nei modi di fare i limiti e i motivi dell’allontanamento di Sergej. Tina è pratica, osservatrice, attenta ad ogni dettaglio, così lontana dall’immagine patinata da futura velina che caratterizza la sorella Bea ma allo stesso modo capace di grandi profondità d’animo. Si aggrappa al mondo che trova anche se non è perfetto, anche se potrebbe essere migliore, riconosce in Parì un ideale vicino a cui ispirarsi, confonde forse la simmetria con l’infatuazione e insegue un sogno erotico adolescenziale destinato a mutare segno e direzione. Si aggrappa a Charles, riconoscendo nel suo dolore per la perdita della moglie lo stesso strazio che governa i suoi giorni da quando il padre ha scelto di essere solo un numero di cellulare su un display. Tina cerca il suo posto in un’isola selvaggia come lei, caccia meduse, non ha paura di niente ma assorbe il tessuto circostante e lo fa diventare a tal punto parte di sé da restarne una vittima inconsapevole. “Lei non era come sua mamma, né come sua sorella. Nel suo petto c’era il cuore di suo padre. Era Kezia il suo vero nome”. Il malessere dei bambini è spesso una guerra silenziosa che si porta addosso senza trovare il modo per combatterla, è la scogliera su cui ci si arrampica nell’illusione di allontanare la sofferenza, rimanendo al margine di un mondo, quello degli adulti, spesso troppo preoccupato di gestire le proprie personali battaglie. Alessio Torino ci racconta tutto questo e molto altro con la levità e la sensatezza di un passaggio di tempo densissimo, nella cornice di piccoli giorni a strapiombo su sorti diverse eppure così vicine. Lo fa con la poesia che si fa prosa senza mai perdere la musicalità e il ritmo prezioso del racconto. Dopo Tetano (2011) Urbino e Nebraska (2013), si conferma abile narratore e intenso conoscitore dell’essere umano. Non resta in superficie Torino, non si accontenta di seguire da lontano un cammino da condividere con il lettore ma prende per mano i suoi stessi personaggi e li accompagna, senza lasciarli mai, sulle rocce roventi, tra le profondità del mare, tra i profumi inebrianti dei capperi selvatici, del pesce appena preso, sull’umido e scosceso confine che segna la fine dell’innocenza. Inevitabile riconoscere gli influssi della letteratura inglese di Katherine Mansfield, dal cui racconto Preludio l’autore prende ispirazione e alcuni espliciti riferimenti, ma i toni della narrazione restano originalissimi. Nessun lieto fine, intendiamoci, piuttosto un realismo potente che poco lascia sperare. L'infelicità è una grande casa in cui tutti si ritrovano, i grandi stringono i pugni e si sforzano di cercare un domani diverso, i bambini camminano su pezzi di vetro e sperano che da quelle ferite possano nascere un giorno nuove consapevolezze. Il mare resta, spettatore muto e crudele su una stagione che ha incrociato tanti destini senza però imbastire il miracolo perfetto che possa salvarne almeno uno.