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Tra le pietre

Tra le pietre

In un appartamento o forse in un palazzetto, chissà. Non sa dove si trovi, né cosa ci facesse lì prima che tutto crollasse e lui precipitasse giù, insieme ai soffitti e alle pareti sbriciolate. Non lo ricorderà mai e in fondo, ciò che importa adesso è il presente. Il suo stato di sepolto vivo tra le macerie ancora fumanti. Particelle polverose galleggiano, sospese nel buio, illuminate da un cono di luce che promana da dietro alla sua testa. Ben presto la luce si spegne, il freddo si fa intenso, il dolore si azzittisce e il sepolto ha una sola certezza. Nessuno lo tirerà fuori di là, perciò non deve “pensare a sé stesso come si pensa a un sopravvissuto, sarebbe un modo di sperare”. Deve invece, “smembrare il tempo, trovare la via d’uscita senza muoversi”. Come un alchimista, può trasformare quei calcinacci che lo circondano in un mondo animato, “forme umane dissimulate nelle pietre”. La forma peculiare di una pietra richiama alla mente del sepolto il volto vecchio e stanco di Bartolomè Mitre. Bartòlo, come lo chiamavano al fronte, insigne politico e Presidente dell’Argentina, animato da una passione inesauribile per la poesia, la letteratura e la Divina Commedia, la cui traduzione in lingua spagnola lo impegnò per quarant’anni. L’immaginazione del sepolto vede Mitre e il suo eterno amore, Delfina. I due amanti, uniti dalle terzine dantesche, prendono vita da quelle mute macerie. Ma le questioni politiche e militari si ostinano a tenere separati i due sposi. Le celebri rime suggellanti l’amore clandestino di Paolo e Francesca, si confondono con i pensieri di Delfina, che con il coraggio di una leonessa raggiunge il suo amato nell’accampamento. Nella penombra che vela la disperazione presente, l’inferno delle macerie diventa un teatro delle ombre, ogni pietra un personaggio presente e vivo nell’immaginazione del sepolto ancor prima che il suo sguardo si posi su di essa. Ed è così che dalle rovine prende vita Elisa Lynch. L’uomo la vede quando è ancora una bambina, sulle coste irlandesi di Cork, mentre guarda le onde infrangersi, gioca e immagina di essere una pietra. La sua notoria bellezza e le sue vicissitudini si svolgono davanti allo sguardo del sepolto. Elisa, l’irlandese, diventerà l’eroina del Paraguay, compagna di Francisco Solano López, “il Napoleone del Nuovo Mondo”, il cui nome è legato a doppio filo alla guerra della Triplice Alleanza, combattuta, ma sull’altro fronte, anche da Mitre…

Scrittore, critico letterario e docente di Teoria letteraria all’Università di Buenos Aires, Miguel Vitagliano sbarca in Italia con il suo ultimo romanzo, pubblicato nella collana “Vela Latina” della giovane casa editrice pugliese Musicaos. Vitagliano, argentino di origini baresi, ha da sempre nutrito un amore speciale per la Divina Commedia, che nel suo romanzo diviene il fil rouge, che lega le storie animate dalla vasta cultura letteraria del sepolto, che dai gironi dell’Inferno letterario spicca i suoi voli pindarici fino all’inferno della guerra del Paraguay. L’amore, gli eventi, i pensieri e perfino gli incubi di Bartolomè Mitre e Delfina sono come il velo che lascia intravedere il volto della sposa. E quel volto è il poema dantesco, croce e delizia del suo traduttore argentino, che lo considerò un poema centrale nella storia dell’Argentina del XIX secolo. Ma non c’è solo Dante a popolare le pagine frutto della penna, intensa ed elegante del dotto Vitagliano, che popola il racconto grazie a un gioco di associazioni e citazioni molteplici. Dalle massime di Marco Aurelio a Victor Hugo, da Flaubert a Borges, il romanzo è un canestro che raccoglie i frutti della letteratura mondiale, la cui lettura e il cui incontro hanno indubbiamente contrassegnato l’esperienza dell’autore.