
Le suore, le infermiere o le levatrici che transitano nella Nonnatus House sono abituate a fare i conti con mille storie di indigenza, abbandono e quotidiana miseria. Siamo negli anni ’50, nei Docklands di Londra, tra i sobborghi più poveri della grande capitale inglese, dove tutti tentano di rialzarsi dopo i tragici eventi della Seconda guerra mondiale. Questo convento è il luogo in cui le nascite potrebbero dare una speranza, ma a volte si tratta semplicemente di aggiungere una bocca da sfamare in una famiglia che non riesce già ad arrivare a fine mese. In questo luogo si può incontrare Jane, inserviente intimorita e perennemente ansiosa, che nasconde una storia personale fatta di soprusi e delusioni. Il suo buonumore infantile, a forza di schiaffi, calci e angherie ha lasciato il posto ad una costante paura dell’altro, di cui non ci si può mai fidare perché è capace solo di strapparti i sogni o, peggio ancora, la figura paterna tanto agognata. Come lei, anche Peggy e suo fratello Frank - le uniche persone che sembrano volerle davvero bene - in passato ne hanno passate di tutte i colori. Lei è una donna dal fascino incredibile, lui un venditore capace che pensa solo al suo famoso banco di pesci; entrambi condividono un’esistenza ritrovata faticosamente dopo tanti anni di difficile abbandono tra i pidocchi, la fame e le punizioni corporali. In questi luoghi, l’amore sembra un’utopia riservata ai ricchi e l’unica cosa che davvero conta è la salute, che non bisogna mai dare per scontato, perché è l’unica cosa che ti permette davvero di partecipare a quella lotta giornaliera e forse anche di vincerla…
Seconda parte di una trilogia che ha reso famosa la ex levatrice Jennifer Worth anche sugli schermi della BBC con una serie televisiva di grande successo, Call the Midwife (in Italia trasmessa da Rete4 con il titolo L’amore e la vita), questo romanzo continua a raccontare le misere storie di una Londra passata in cui si nasceva e moriva di stenti. Un lungo excursus sulla povertà pieno di commozione e a volte di rabbia, ma senza alcun giudizio di sorta. Si comprendono anzi, ma non si giustificano, eventuali espedienti che permettono di sopravvivere e fuggire da luoghi angusti e inumani. Anche comportamenti forse non molto accettabili al giorno d’oggi dal perbenismo imperante sembrano inevitabili quando si è costretti ad una vita miserabile. Spartiacque è il passaggio al nuovo Sistema Sanitario Nazionale, il NHS, che segna una svolta soprattutto per tutti coloro che hanno a che fare con quel mondo di diseredati e reietti, in cui un orfano può ritrovarsi gettato suo malgrado a mangiare pane raffermo e a sottostare a rigide dinamiche di sopraffazione e prepotenza. Alcuni personaggi rimangono impressi nella mente del lettore, sia per l’empatia che dimostra l’autrice – aspetto da non sottovalutare in un’opera autobiografica - che per la dovizia di particolari con cui ce li descrive. Ottima la traduzione di Carla De Caro, che nelle note confida la difficoltà incontrata a rendere il cockney dell’East End, uno slang portuale fatto di espressioni improbabili e frasi capovolte.